Genova, 26 settembre 2013 – La quinta sinfonia di Beethoven fu considerata da molti il lavoro sinfonico più complesso e travagliato. Questa conclusione è scaturita dal fatto che i primi abbozzi sono nati quando l’autore stava ancora lavorando alla Sinfonia n°3, mentre la conclusione del lavoro si intreccia con la composizione della Sinfonia n°6. Anche per uno dei più grandi compositori della storia, la 5° è stata la più dura. Come per la Roma. La vittoria più bella è di certo quella più sofferta, si dice in questi casi. Non c’è premio più gratificante che ottenere un risultato dopo averlo bramato per averlo. E così è stato. Quale miglior premio se non la vetta solitaria della classifica. Aria buona, genuina, di montagna. Anche se a Genova di montagne ce ne sono ben poche. Emozioni che alcuni giocatori della Roma attuale non hanno mai provato. Vertigini, che però altri hanno provato in passato e che non temono per niente. E’ questa la vera forza di questa squadra. Il guardarsi negli occhi e dirsi “ce la possiamo fare”, essere consapevoli dei propri mezzi, credere sempre e comunque che il gol prima o poi arriverà, senza mai perdere il controllo dei nervi. Esperienza. Rivalsa. Fame. Nata certo da cicatrici passate, da umiliazioni che in questi ultimi 2 anni anni hanno ferito tutto l’ambiente Roma. La Roma ora è capolista. Il suono di questa frase suona nell’aria come quando le campane suonano a festa. Come una sinfonia appunto. Aria pulita. Aria che dà alla testa. Della classifica però.
Tanta Roma che, soprattutto in avvio, ronza attorno all’area blucerchiata ricamando azioni su azioni a cui manca la lucidità sotto porta di Maicon e Marquinho su tutti. Da parte sua la Sampdoria bada a limitare i danni affidandosi a rare ripartenze e ad un’occasionissima capitata a Gabbiadini (con gli ospiti momentaneamente in dieci per un infortunio occorso a Maicon (poi sostituito da Dodò) lanciato verso De Sanctis da uno sciagurato retropassaggio di Borriello. Il suo sinistro viene però mandato superbamente in angolo dall’ex-partenopeo. E’ un fulmine quasi a se stante.
Anche la ripresa è contraddistinta da un’iniziale pressione giallorossa che fa girare ossessivamente palla. La musica non cambia anche quando l’allenatore Garcia viene spedito in tribuna per proteste, la sua prima in Serie A. La Samp fatica ad uscire dal guscio con Gabbiadini troppo isolato. Rossi toglie Wszolek per inserire Bjarnason; dall’altra parte Marquinho cede il campo a Totti. E’ però Benatia a segnare incuneandosi fra un nugolo di avversari per poi battere a rete in scivolata dopo un atterramento di Gastaldello. Lo svantaggio scatena la reazione dei padroni di casa che rinforzano la potenza offensiva inserendo Pozzi (autore di un bel colpo di testa) al posto di De Silvestri. Il forcing finale pare mettere alle corde la Roma bravissima poi a chiudere i conti su un contropiede di Totti chiuso in maniera vincente da Gervinho. Nel finale il neo-entrato Barillà riesce a prendersi due gialli in pochissimi minuti.
E’ una vittoria nel segno del numero 5: quinto successo consecutivo, erano 5 partite che l’allenatore blucherchiato Delio Rossi batteva i giallorossi, erano 5 anni che la Roma non vinceva a Marassi (4 maggio 2008, 0-3 per i giallorossi). Ci si attendeva, per la cabala, il gol del numero 5 della Roma Castan, invece è arrivato quello del suo compagno di reparto Benatia, protagonista indiscusso del match. Segnano tutti nella Roma di Rudi Garcia, ci si diverte, si subisce poco e, cosa più importante, si vince. C’è una nuova aria nella capitale. Aria di montagna e, per scalarla, la Roma ha ingranato la quinta.