Ardea (Roma), domenica 22 aprile 2018 – “Non escludo il ritorno”. È l’epitaffio che, citando il titolo della canzone con la quale prese parte al Festival di Sanremo del 2005, Franco Califano ha voluto per racchiudere tutto il suo spirito ironico e controcorrente e che accoglie i tanti ammiratori che vanno a fargli visita al cimitero di Ardea, dove scelse di riposare, accanto al fratello Guido e al nipote Fabrizio. E anche quest’anno, la cittadina dell’hinterland romano ha reso omaggio al poeta della canzone italiana in occasione dell’anniversario della scomparsa, avvenuta il 30 marzo 2013 all’età di 74 anni.
L’occasione è stata, ieri, una conversazione a più voci tra amici e collaboratori, che ha richiamato un folto pubblico di appassionati nella casa-museo di Ardea (nella foto in alto), dove sono conservati cimeli, documenti e foto del cantautore, sotto l’amorevole cura della collaboratrice e amica Donatella Diana. Una serata accompagnata dalle sue canzoni eseguite dal maestro Alberto Laurenti, con il fisarmonicista Paolo Petrilli.
«Quest’anno – ha ricordato l’amico di lunga data, nonché suo ex batterista, Antonello Mazzeo – non abbiamo potuto ricordare Franco nel giorno della sua scomparsa, come d’abitudine, perché era la vigilia di Pasqua. Ma farlo oggi, nella ricorrenza del Natale di Roma, ha un significato particolare, per quello che lui ha dato a quella città e alla canzone italiana in mezzo secolo di musica. Non lo dobbiamo ricordare solo come cantante, ma anche come autore di tanti testi di successo scritti per altri interpreti di eccezione. Un tributo di artista di fronte a cui ogni altra considerazione può essere esclusa perché “il fatto non sussiste”». Chiaro il riferimento alla formula giuridica con cui Califano fu assolto in pieno dall’accusa di traffico di stupefacenti, dopo l’arresto avvenuto nel 1984, seguendo la stessa sorte che toccò nella medesima vicenda al conduttore televisivo Enzo Tortora.
«Di quella vicenda giudiziaria – ha aggiungo Tonia Bardellino, criminologa e amica di Califano – Franco ha sempre espresso il rammarico di non aver avuto un processo esclusivo, perché è passata allo storia come la “vicenda Tortora”, nonostante i giorni che anche lui ha dovuto passare in carcere prima dell’assoluzione. Ma lui ne parlava sempre solo con ironia». Quella stessa ironia che metteva in tutte le vicende della vita, «perché sentiva il malessere e trascriveva le sue emozioni nelle sue opere, ma nella vita reale rideva e sdrammatizzava». «Nel suo ultimo periodo, quando gli chiedevano come stesse e come fossero andate le sue terapie, lui diceva: “Sto bene; annamo a magna’”. Oggi, nelle giovani generazioni non riesco a trovare più questa capacità di sdrammatizzare».
Un appassionato ed emozionato ricordo, quello che Tonia Bardellino ha fatto di Califano. «Venendo qui – ha detto – ho sentito tutta la pesantezza leggera di questo incontro, perché sento l’emozione di sentirmi indegna di parlare di Franco. Lui merita di essere ricordato come uno dei migliori cantautori italiani. Non seguiva il politicamente corretto, non seguiva il “partito della pagnotta” e per questo non ha ottenuto i palcoscenici che meritava. Ha pagato le conseguenze della sua coerenza. Spero che riusciremo a dargli ora i palcoscenici che meritava con un libro e uno spettacolo teatrale che andrà in scena nella stagione 2019/2020».
Massimo Cinque, autore, regista e attore di teatro e televisione che ha lavorato con vere e proprie leggende dell’arte italiana, ha letto alcuni brani poetici scritti da Franco Califano e ne ha ricordato la poliedricità: «E’ stato poeta, linguista, filosofo. Il fenomeno Califano ha attraversato diversi campi dell’arte. Non amava essere chiamato “Califfo” ma “Maestro”».
Assente suo malgrado all’incontro il conduttore televisivo, autore e scrittore Umberto Broccoli, bloccato da un problema familiare, è stato Michele Mirabella, conduttore televisivo e radiofonico, giornalista, autore, regista, professore universitario, a tracciare nel dettaglio il profilo artistico di Califano.
«La ispida genialità di quella provocazione finale marmorea – ha detto Mirabella riferendosi all’ironica scritta sulla pietra tombale del cantautore – mi fa venire in mente altri personaggi che non si sono fermati alla loro lapide. Califano è stato un letterato malgrado se stesso. Si unisce a numerosi esempi nella letteratura italiana e in quella francese di poesia non accademica. Le sue canzoni le conoscono tutti, anche se non tutti sanno che le ha scritte lui. Ci sono vere opere poetiche, come “E la chiamano estate”: è come Montale di “Ossi di seppia” o Ungaretti. Ed è una risposta alla retorica di tanti cantanti dell’epoca, che dovevano fare per forza un disco per l’estate, tanto che fu fatto anche un concorso canoro apposito. Oggi dovremmo emanciparci dal termine “Califfo” con cui molti lo ricordano: è un termine spregevole per il ruolo che richiama, tanto più oggi che è riferibile ai più terribili terroristi. Chiamiamolo Franco».
E un ricordo adeguato di Franco la comunità di Ardea, che lo ospita, non mancherà di continuare a fare in modo di perpetuare, come ha assicurato l’assessora comunale Sonia Modica.