Personaggi in cerca di autore, azioni, manovre e contro manovre, apparizioni di figure del sogno, come di fronte a un Paese delle Meraviglie. Edito da Bastogi, il libro sarà presentato in una delle principali librerie di Roma
A cura della redazione
Lunedì 10 gennaio alle ore 18.00 presso la libreria Bibli, via dei Fienaroli 28 a Roma, verrà presentato Coeva il libro edito da Bastogi e scritto da Maria Pia Carlucci, Fiorella Corbi, Maurizio Verdiani con la collaborazione di Stefano Capecchi. “Coeva” è una favola contemporanea, dove tutto ciò che accade è frutto di una ecolalia elettrizzante, in cui l’amalgama dei significati toglie spazio ad ogni possibile lettura, che non sia al tempo stesso una partecipazione attiva allo spirito e alla fattura stessa della vicenda narrata. Si tratta dunque di un libro-istante che impone al lettore di attraversare un’esperienza da fare in comune. Non a caso anche gli autori del testo sono tre ed hanno lasciato il segno del loro sintomatico e cospirante procedimento espressivo. I personaggi del libro sono in cerca di autore, cioè protagonisti dalla incerta identità, che tuttavia si conoscono e si distinguono per il comportamento e per il modo di affrontare avventure e compiti diversi come se il piano della narrazione fosse il risultato di un procedimento logico. Ma di ordinato e razionale in questo papier-collé di parole e immagini verbali non c’è assolutamente nulla.
Il fascino del testo consiste proprio in questa tumultuosa e tumultuante cavalcata di azioni, manovre e contro manovre, apparizioni di figure del sogno, come di fronte a un Paese delle Meraviglie in cui non si entra per l’innocente fantasia di una qualsiasi Alice ma ci si trova immersi come in un autentico bagno di realtà del quale si nutre la nostra percezione sensibile. Ecco allora comparire qualche allusione filosofica che diventa palcoscenico o quinta di scenario, come quello “Arcipelago del dubbio” che fin dalle prime battute del testo invita a lasciarsi andare al ritmo di una baraonda che “non finisce di ammaliare. Nell’ordito del testo non c’è però traccia di automatismo espositivo al modo surrealista. C’è piuttosto l’estro di una fantasia bizzarra che si compiace delle sue “ariostesche” (per così dire) invenzioni. Ne deriva un trattamento di lettura simultanea che proietta lo sguardo mentale su scenari a scatola cinese dove si susseguono o s’intrecciano eventi già probabilmente accaduti poi che passato e presente non sembrano avere più una direzione di marcia. Allora compaiono tra l’altro personaggi inusitati come i Tamerlani, o meglio i Numi della Semantica, e si concede pause interpretative anche una figura enigmatica come il Gran Signore dei Numeri. Sono erme simboliche che sbucano da una foresta di allusioni e di possibili interpretazioni dove la biblioteca stessa diventa assai più di una Babele: e ci s’immerge fino in fondo in questa palude letteraria dove le parole sembrano incastonarsi per emergenza di sensibilità fonetica, al punto che il lettore scopre di avere assunto alla fine un ruolo in questo racconto-esperienza dal quale si esce trasformati assieme ai personaggi che ne animano lo scenario.