Roma, giovedì 23 agosto 2018 – Il viaggio del presidente americano in carica, sitting president come scrivono i giornali di lingua inglese, si è ormai trasformato in una odissea quotidiana. Per Trump e per gli stessi americani, che ogni giorno vedono la spirale avvolgersi sempre di più intorno alla massima carica istituzionale del Paese. Martedì due nuove breaking news hanno sconvolto la loro giornata tipo. La condanna per frode fiscale di Paul Manafort, che ha gestito la campagna elettorale di Trump nel 2016 (sono già passati due anni!), un reato che potrebbe costargli la prigione a vita; e la condanna di Micheal Cohen, l’avvocato di Trump che avrebbe pagato una playmate e una pornostar, per evitare che facessero uscire la storia delle loro compromettenti relazioni con Trump nel corso della campagna elettorale. Non ci sarebbero state però grandi ripercussioni sulla Presidenza americana, nonostante i due personaggi abbiano fatto parte dell’inner circle (cerchio magico) del magnate, se dopo la sentenza l’avvocato di Cohen non avesse rilasciato dichiarazioni compromettenti per l’ex datore di lavoro del suo assistito. Per alleggerire evidentemente la condanna, Cohen avrebbe deciso di raccontare la verità. Ha dichiarato che Trump è stato l’ispiratore del pagamento di una ingente somma di danaro alle due signorine, distratta forse dalle spese elettorali e non dichiarata (questo sarebbe un reato). Il sitting president sapeva tutto, secondo Cohen, e anzi avrebbe anche restituito la somma, anticipata da Cohen. Inizialmente la difesa di Trump si era attestata sul fatto che lui fosse ignaro del ricatto e il riscatto fosse stato pagato a sua insaputa. Chissà che i suoi difensori non si fossero ricordati della vicenda dell’appartamento di Scajola.
Ben più minacciose però sono state le dichiarazioni ulteriori dell’avvocato di Micheal Cohen, che ha fatto intendere con chiarezza che il suo assistito ha intenzione di collaborare con Robert Mueller, il procuratore nazionale che si sta occupando delle possibili interferenze degli apparati russi nelle ultime elezioni americane. Si tratta di una questione di sicurezza nazionale e pare che il presidente in carica, che dovrebbe garantire tale sicurezza, abbia invece messo in pericolo la Nazione e fosse stato a conoscenza dell’appoggio russo in campagna elettorale. Cohen sarebbe pronto a fornire tutte le informazioni in suo possesso. Facendo intendere che queste informazioni potrebbero squarciare la verità sull’investigazione in corso. Questo avvicina di molto il pericolo di “impeachment” per Trump, che noncurante della tempesta continua a twittare spavaldamente. Anche contro il suo ex braccio destro Micheal Cohen. Insomma la Presidenza americana non è mai stata così debole e poco autorevole. Già solo questo è un regalo per Putin e gli altri grandi avversari economici dell’America e dell’Europa, come la Cina e gli Emirati Arabi. La debolezza di Trump, sempre più malvisto in casa anche dalle lobby, la cui politica protezionistica sta mettendo a rischio l’economia interna (i dazi in un mondo interconnesso a livello planetario non funzionano), si ripercuote anche su quei paesi che in qualche modo sono stati favoriti dall’ascesa di Trump. L’Italia in primis, ma anche i Brexiters in UK.
La sponda che questi potevano trovare nell’Amministrazione Trump, una sponda solo di facciata e priva di concreti contributi per la costruzione delle rispettive politiche in autonomia dall’Unione Europea, sta venendo meno. Non a caso in Gran Bretagna si sta discutendo di un nuovo referendum, dato che il clima è cambiato, anche a causa del forte deprezzamento della Sterlina, e gli inglesi non sono più troppo convinti che lasciare la UE sia conveniente per la loro economia. In Italia, il nascente governo Lega – Movimento 5 Stelle deve varare la prima finanziaria del rinnovamento e si sta scontrando con il problema della scarsa autonomia che il nostro debito consente. È presto per giudicare. Certo è che senza l’appoggio di Trump, antieuropeista convinto, queste posizioni non potranno reggere a lungo.