Roma, martedì 8 ottobre 2019 – «La diva del film muto che tanto mi somigliava, la Venere bionda del teatro del varietà», sussurra in scena l’attrice Eleonora Micali e pare quasi di vederla nei panni di Nanà, il personaggio del noto film francese dei primi del Novecento, ispirato all’omonimo romanzo di Emile Zola, mentre scende la scala di un polveroso palcoscenico della Parigi anni Venti. È “Una donna fantasiusa”, spettacolo andato in scena in prima nazionale al Teatro Studio Keiros di Roma: un monologo di vita quotidiana su testi e regia di Stefano Maria Palmitessa.
La Micali è in abito nero a pieghe plissettate e lucenti, ma se chiudiamo gli occhi la vediamo in lungo abito bianco nei panni di Nanà. Il potere evocativo della parola crea nuove suggestioni! Come nel film di Jean Renoir, che narra le vicende di un’attrice alla ricerca del successo, la pièce teatrale narra le vicende dell’attrice alle prese con la New York dei nostri giorni, mentre vaga alla ricerca del successo in campo internazionale. Una narrazione amara ma divertente nel contempo, con spaccati di vita reale d’individui alla ricerca del sentimento, di un’affettività che non s’incontra mai ma di cui si avverte costantemente il bisogno.
La vicenda si snoda tra colpi di scena, battute comiche e piccole tragedie quotidiane in cui tra gli addetti ai lavori, nel campo dello spettacolo, fluttuano tristi figuri che, anziché informarsi circa i progetti artistici dell’attrice, le chiedono goffamente della sua vita privata, in cui si aggirano “professionisti” della carta stampata che anziché scrivere di lei le chiedono testi preconfezionati su cui apporre, indebitamente, la propria firma. Episodi esilaranti della propria gioventù in Sicilia s’intrecciano a episodi comici della New York degli anni Duemila e ne esce lo spaccato della nostra epoca.
Sotto una veste ilare si recano in scena piccole bassezze e decadenza del mondo odierno, persone prive di valori immerse nella miseria del proprio vivere quotidiano. Come nel testo della fine del 1800 di Emile Zola, da cui è tratto il film di Renoir, che si scaglia contro la dissoluta società parigina dell’epoca, questa pièce teatrale pone in luce le contraddizioni della nostra epoca, stagione in cui molteplici individui vagano per le strade del mondo alla ricerca di un affetto che non trovano mai, incapaci di scaldare il proprio cuore e di conseguenza di ottenere verità nel sentimento.
La versatilità dell’attrice si misura nei rapidi passaggi dal registro comico a quello drammatico e viceversa, intervallando il tutto con buffi intercalari come quello in cui recita: «Ero nelle mani di nessuno!», in rapidi passaggi dialettali, nel saper evocare antitetiche situazioni emotive con un filo di voce. Ella si contrae impaurita mentre echeggia in scena un brano musicale drammatico e spaventoso nello stesso tempo, per poi stupire il pubblico con una fragorosa risata satanica. Micali passa da un urlo alla vocina, dal pianto al riso in una frazione di secondo, rimanendo convincente e mantenendo alto il livello di attenzione del pubblico.
La rappresentazione teatrale ha riscontrato un discreto successo a New York presso la Federation of Italian American Organization di Brooklyn e presso la Fordham University al Lincoln Center Campus, grazie anche al patrocinio di Arba Sicula, organizzazione no profit con il compito di promuovere la cultura siciliana negli Usa. La pièce teatrale “Una donna fantasiusa” vede luce all’interno del Festival “Il teatro che non c’era” che è sotto i riflettori del Teatro Keiros di Roma da settembre a giugno del 2020. Si tratta di un festival di Teatro sperimentale, dedicato al noto attore e regista Daniele Valmaggi, autore di vari testi teatrali e fondatore dello stesso Teatro Keiros. Il Festival è realizzato con l’apporto di compagnie teatrali provenienti da molteplici regioni italiane e ha come obiettivo dichiarato la diffusione di nuovi linguaggi espressivi al di là dei canonici percorsi teatrali.