Nel Giorno della Memoria emerge la preoccupazione di una nuova ondata di antisemitismo

di Serafina Cascitelli
redazione@lacittametropolitana.it

Roma, martedì 26 gennaio 2009 – “Se con questo racconto piuttosto leggero di Buchenwald ho urtato la vostra sensibilità non mi dispiace affatto”. Così il grande padre del nobile giornalismo americano, Edward R. Murrow giornalista per la CBS, esempio di onestà e integrità professionale, chiude il raccapricciante radio racconto della dis-umanità che ha visto a Buchenwald, uno tra i più grandi campi di concentramento della Germania nazista. Spiace dire che oggi sicuramente il 12% degli italiani si sarebbero urtati alla vista di quei mucchietti di ossa, perché marchiati con la definizione di “antisemiti”. Emerge da una ricerca condotta dal Centro di documentazione ebraica contemporanea di Milano e diffusa dal Corriere della Sera e c’è già qualcuno che ritiene il dato troppo ottimistico.

La ricerca illustra come il 56% della popolazione sia estranea a pregiudizi contro gli ebrei, mentre il restante 44% è invece preda di  luoghi comuni, stereotipi e atteggiamenti ostili. Vengono individuate tre tipologie di intolleranza e l’antisemita è, secondo Renato Mannheimer, colui che le possiede tutte. L’estrema destra e l’estrema sinistra hanno paradossalmente qualcosa in comune: sfornare antisemiti, infatti risultano essere le ideologie politiche sposate da questo preoccupante 12% degli italiani. Una parte importante ha in questo rimescolamento di stereotipi e pregiudizi “classici” e nuovi il conflitto israelo-palestinese, o meglio il suo impatto mediatico e la sua strumentalizzazione nelle azioni politiche internazionali, che molto influenza la percezione nel cittadino della Shoah.

Ma l’Olocausto è un dato di fatto, un evento di cui prendere solo atto, lontano da ogni tipo di soggettivizzazione legata alla contingenza della situazione politica odierna. I giudizi a posteriori nell’analisi storica producono sempre grandi e pericolosi fraintendimenti. E il mondo si affanna ad istituire una ricorrenza nel giorno dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, quando si rivelò l’orrore del genocidio nazista; ogni anno artisti, politici e istituzioni si battono pubblicamente, tutte le generazioni leggono tra i banchi di scuola “Il diario di Anna Frank”, l’università di Roma Tre presenta la IV edizione del Master in didattica della Shoah e Anna Foa, rigorosa nel suo mestiere di storico, ci sorprende con “Diaspora” un nuovo libro puntuale e autorevole, ma scorrevole e alla portata del lettore comune.

Dal 1882, quando iniziò l’emigrazione in massa degli ebrei russi e polacchi poveri alla ricerca dell’emancipazione politica e dell’uguaglianza in America, mitica nell’immaginario collettivo, una nuova terra promessa alla nascita dello stato di Israele e le sue prime mosse per creare una propria identità collettiva col processo Eichmann, rivendicando a sé il ruolo di rappresentante di tutti gli ebrei del mondo, le vittime della Shoah e i sopravvissuti, Anna Foa ripercorre cento anni di storia. Il timore è la necessità di tristi addenda o un’altra truce appendice alla storia degli ebrei.

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