Roma, domenica 23 ottobre 2011 – La tragica morte di Marco Simoncelli (nella foto), il ventiquattrenne pilota che ha perso la vita oggi al secondo giro del G. P. di Malesia della MotoGp a Sepang, lascia attoniti per la impressionante sequenza di fatalità che l’ha determinata e tristi perché ci ha lasciato un giovane dalle inconfondibili doti di simpatia e di generosità: un esempio molto positivo per tutti, di questi tempi. Non è un caso che ci fosse anche lui, al Quirinale, all’apertura dell’anno scolastico: perché per i ragazzi conta molto di più un esempio concreto di vita piuttosto che mille parole sagge, o presunte tali.
Lo sconcerto che assale tutti coloro che si chiedono come possa finire così una giovane vita non trova, per me, altre parole per sfogarsi che quelle che riemergono dalla mia memoria, da giovane appassionato di motori qual ero un tempo.
Sono le parole di Carlos Reutemann, il pilota argentino vicecampione del mondo di Formula 1 nel 1981 con la Williams, poi divenuto importante uomo politico nel suo Paese, ricoprendo incarichi di governo locale per il partito di centrosinistra Fronte per la Vittoria. Quando, alla fine degli anni Settanta, correva per la sua scuderia, Enzo Ferrari lo definì «tormentato e tormentoso» per via del suo carattere introverso e per i suoi alti e bassi emotivi. Un pilota sui generis, che amava riflettere a fondo sui perché di ogni cosa e non solo pigiare sul pedale destro.
In quel periodo, a un giornalista che gli aveva chiesto se avesse paura, Reutemann rispose che la paura fa parte integrante dell’essere umano, è ineliminabile, però le corse aiutano ad affrontarla. Ma ad affrontare non solo e non tanto la paura di arrivare in fondo a un rettilineo e non sapere se riuscirai a fare la curva, quanto piuttosto la paura di vivere la vita di tutti i giorni, che ognuno porta dentro di sé, specialmente quando la vita ci dà motivi di sofferenza.
Grazie, Marco, e a tutti gli altri, per quello che date a tutti noi.