Roma, lunedì 12 novembre 2012 – Cesare Capitani consegna un affascinante autoritratto del pittore lombardo. L’opera teatrale è tratta dal libro di Dominique Fernandez, La Course à L’Abîme. È una sorta di viaggio nei meandri della vita misteriosa e anticonvenzionale di un artista che ha sfidato la morale e ha rivoluzionato il mondo della pittura. Michelangelo Merisi, detto Caravaggio, noto per le sue traversie e controverse scelte di vita: rissoso, irascibile, frequentava gente di strada. Una vita breve ma intensa: affetto da malaria, morì a 38 anni. Vagava da Venezia, a Roma, a Malta, e in Sicilia, per evitare la prigione. In una delle risse, in cui spesso finiva coinvolto, uccise persino un uomo. Si sa ben poco della sua vita, come non è certa la causa di morte né dove si trovi il suo esamine corpo. Attorno alla figura del genio della pittura italiana della metà del XVII secolo si è creato il cosiddetto gruppo di esperti, detti caravaggisti, che hanno prodotto innumerevoli pubblicazioni intorno all’artista lombardo. Lo spettacolo comincia con la frase “Mon corps on l’a jamais retrouvé”: un morto che parla, tono onirico, con un alter ego rappresentato dal canto e dalla voce di Martine Midoux, e che racconta a ritroso la sua vita. Di volta in volta Capitani interpreta i personaggi, di cui ci racconta il fantasma del pittore: il suo alter ego, Mario, che l’ha sempre seguito o il giovane amante raffigurato in alcuni dei suoi quadri (il Mondafrutto, il Bacchino malato, il Ragazzo morso da un ramarro). Mentre Martine rappresenta la bipolarità perenne dell’uomo Caravaggio. Si è molto discusso sulla sua presunta omosessualità. Un cultore e amante come Capitani interpreta e mette in scena la vita e le opere di un artista che ama proprio per la sua caratteristica di essere un connubio perfetto di “genio e sregolatezza”.
Carla Ferraro