Genova, lunedì 11 febbraio 2013 – La Roma affonda. Mai figura retorica è stata così vicina alla realtà. Sia per il fatto che la sconfitta è avvenuta a Genova, nota città marittima, sia per il fatto stesso che la squadra giallorossa sta scendendo sempre più in classifica. Un po’ come il Titanic, tanto maestoso quanto fragile, questa squadra di sgretola, pezzo per pezzo e non reagisce alle continue botte che riceve, anzi. Cola a picco forse più di prima, con la prua piena di paure, ansie e presunzioni che la spingono ancora più i fondo. Non è servito a quanto pare il cambio di rotta imposto dalla società, che per salvare la squadra dal naufragio, ha cercato di cambiare timoniere, cercando quella scossa, quella reazione che, in realtà, non ci è stata. Molti diranno che ha avuto poco tempo, vero, ma questo ci deve far pensare che non è l’allenatore il problema, come non lo era con Zeman. La Roma ha troppi iceberg da schivare ancora per poter uscire da questa tempesta, che coinvolge tutti, dal primo all’ultimo tesserato. Ieri sembrava la giornata adatta per il riscatto, anche con amarcord romantici riferiti al duo Spalletti-Andreazzoli, i quali nel 2005, sempre a Marassi, trovarono la soluzione all’emergenza mettendo Totti centravanti, dando il là poi al ciclo vincente dell’allenatore toscano. Ci si è aggrappati a tutto pur di credere di salvarci da questa mareggiata, ma non c’è stato nulla da fare. Troppo impervie le onde per combatterle con le parole o con la fantasia. Servono i fatti. E servono subito.
A inizio gara Roma subito pimpante e aggressiva che costringe quasi tutti i blucerchiati a rintanarsi per gran parte del tempo nei propri trenta metri. Ad evidenziare la voglia di riscatto giallorossa sono un’incornata di Pjanic e un contropiede ‘a salve’ di Bradley. La Samp cerca il jolly creando qualche sporadica mischia in area avversaria rischiando, però, su botta di Lamela che chiama Romero alla respinta. Ancora il portiere è bravo su rasoterra di Totti a fil di palo. Gli ospiti, grazie a un fraseggio ossessivo, lavorano ai fianchi una Samp in affanno con Icardi troppo solo. Prima del riposo Pjanic si divora una palla-goal calciando addosso a Costa.
Nella ripresa, la Samp cambia Soriano per Sansone, ed entra con un atteggiamento meno passivo. Al primo sussulto, però, la Roma potrebbe passare con Lamela ma l’arbitro annulla ingiudstamente il suo gol per fuorigioco. La posizione irregolare semmai era di Marquinho poco prima, ma non essendoci stata lì la segnalazione del guardalinee Barbirati, non si può dare dopo, perchè è iniziata un’altra azione. Neppure il tempo di riordinare le idee che la Samp, grazie a un sinistro a filo d’erba di Estigarribia pescato da un taglio di Sansone, si porta in vantaggio.
Questo episodio rintrona la Roma tenuta a galla dai riflessi di Stekelenburg su botta ravvicinata di Poli. Florenzi rileva Bradley. Poi Gastaldello atterra Osvaldo in area e Celi non ha dubbi nel decretare la massima punizione, e qui l’episiodio incriminato: Osvaldo si impunta e vuole tirare il rigore. Sembra intenzionato a voler spaccare la porta dalla prepotenza dimostrata da questo gesto, invece non si rivela più di un innocuo passaggio centrale per Romero che para senza difficoltà. Senza parole. La Samp non ha pietà raddoppia il godimento siglando il 2-0 con una pregevole punizione di Sansone, con qualche responsabilità del portiere giallorosso. Gli ospiti arrancano, si illudono di essere tornati subito in partita con una girata di Lamela ma devono piegarsi ancora su incornata di Icardi a firmare il definitivo 3-1. Nel finale Lamela coglie la traversa con un colpo di testa e Romero è bravo ad uscire sul neo-entrato Lopez. Prima del fischio finale animata discussione tra Burdisso e Delio Rossi, il quale non le manda a dire al difendore argentino, rispondendo con un deplorevole dito medio e viene prontamente cacciato dal campo. Questo scatena la rabbia dei giocatori della Roma che, già frustrati per il risultato, se la prendono con l’allenatore blucerchiato, su tutti De Rossi e Totti. Visti i precedenti non molto edificanti e da esempio mostrati dall’ex allenatore di Fiorentina e, soprattutto, Lazio, dall'”ammorbidire” il Lecce fino alle mani addosso al suo giocatore Ljajic, il personaggio si commenta da solo. Ogni definizione diventerebbe pleonastica.
Quella di ieri è solo la punta dell’iceberg. Sotto ci sono mille altri problemi che nessuno saprà mai e che si devono sbrigare a risolvere. Si sa, Roma è una città molto particolare. E’ stata in silenzio molto tempo, ingoiando bocconi anche sin troppo amari, che magari passato non avrebbe mai ingoiato, pur di credere in questa squadra. E’ ora che venga ricambiato questo amore e questa passione per questa maglia, che non è come tutte le altre. Quindi bisogna rimboccarsi le maniche e cominciare a capire dove si gioca e per chi si gioca. Basta prime donne, chiacchere da bar e proclami da prima pagina. Ci vogliono i fatti. Ora arriva la Juve all’Olimpico. la madre di tutte le partite. Potrà rivelarsi un’ancora di salvataggio o un’altra, l’ennesima, spinta verso il baratro?