Il pluriomicida e pentito di Mafia Gaspare Spatuzza depone al processo d’Appello contro Marcello Dell’Utri, condannato a 9 anni per consorso esterno in associazione mafiosa. Il Premier coinvolto nella stagione delle stragi del ’92 e ’93.
di Thomas L. Corona
redazione@lacittametropolitana.it
Roma, sabato 5 dicembre 2009 – “Su Spatuzza la magistratura si gioca la credibilità”, è stato il commento dell’ex Guardasigilli Castelli, riferendosi alla deposizione del pluriomicida e mafioso che prese parte alle stragi del ’92 e ‘93. Durante l’udienza nell’aula bunker di Torino, Gaspare Spatuzza, affiliato al clan dei Graviano, ha ammesso il suo coinvolgimento negli attentati contro lo Stato, tra cui quello fallito dell’Olimpico. Ha fatto i nomi di Silvio Berlusconi e di Marcello Dell’Utri non solo come referenti politici di Cosa Nostra, prima della discesa in campo dell’attuale Premier, ma anche come presunti mandanti delle stragi. Nessun commento finora arriva dalle opposizioni, mentre la maggioranza fa muro intorno al Premier. Stefania Craxi, Sottosegretario agli Esteri, ha detto: "E’ una vicenda tragicomica, completamente assurda, dietro la quale si cela una mente politica diabolica", ponendo l’accendo su una strategia ben definita. Gianfranco Fini, che nel fuorionda rivelato da Repubblica il 3 dicembre scorso aveva definito le rivelazioni di Spatuzza una “bomba atomica”, ha dichiarato: ”L’atomica amplificazione mediatica delle dichiarazioni di Spatuzza non deve far passare in secondo piano un elementare principio di civiltà giuridica: senza riscontri puntuali e rigorosi le accuse restano soltanto parole”. Per decisione della corte il processo continuerà a Palermo l’11 dicembre con i boss Giuseppe e Filippo Graviano collegati in videoconferenza.
Ma la questione posta da Castelli rimane comunque centrale. In effetti tutta questa torbida vicenda appare molto ambigua e di difficile lettura. Gaspare Spatuzza non sembra del tutto immune da contraddizioni. Se da una parte sottolinea come il suo pentimento sia “la conclusione di un bellissimo percorso spirituale cominciato grazie al cappellano del carcere di Ascoli Piceno. Mi sono trovato ad un bivio: scegliere Dio o Cosa nostra. Se io ho messo la mia vita nelle mani del male, perché non la devo perdere per il bene?”, giungendo anche a chiedere perdono per il male fatto. Dall’altra non scoglie completamente i dubbi del perché proprio proprio in questi ultimi mesi abbia sentito il bisogno di parlare degli intrecci tra mafia e politica. Infatti ha aggiunto: "I timori di parlare del presidente del Consiglio Berlusconi erano e sono tanti. Ma La mia missione è restituire verità alla storia e non mi fermerò di fronte a niente. E’ una mia missione per dare onore a tutti quei morti, a tutta quella tragedia. E’ mio dovere". Più volte Spatuzza sottolinea la parola missione che non fa certo riferimento ad un ambito spirituale. Intanto si deve registrare che nessuna domanda di approfondimento sul presunto coinvolgimento del mandante delle stragi è arrivata dalla Difesa, come anche dall’accusa. Irrisolto per il momento il fatto che, come emerge dalle dichiarazioni del pentito, furono gli stessi Graviano a paventare l’ipotesi che se non fossero arrivati gli aiuti richiesti, riferendosi ai referenti politici, sarebbe stato il momento di parlare con i magistrati, per ritorsione.
Si profila un intreccio di difficile lettura, che potrebbe compromettere, in maniera definitiva, i rapporti tra Esecutivo e Magistratura. Perché se i Giudici dovessero affrettare le conclusioni e cadere in errore vedrebbero lesa la loro autorevolezza, profilando ombre e dubbi anche sugli altri processi dove è coinvolto Silvio Berlusconi e avallando così l’ipotesi di una persecuzione politica. Se invece i riscontri venissero tutti confermati saremmo di fronte ad una situazione impossibile da immaginare, con un Premier coinvolto negli attentanti mafiosi del ‘92 e del ’93. Diciamo che per il momento da questa situazione caotica ne esce con le ossa a pezzi l’intero Paese, mentre per il Presidente del Consiglio, pur subendo un fortissimo danno di immagine, è più facile per lui rafforzare l’idea di una persecuzione dei giudici e di un complotto ai suoi danni. Un complotto che verrebbe direttamente da Cosa Nostra, e non dalla sinistra o dalla magistratura politicizzata, pertanto di gran lunga più credibile di fronte all’opinione pubblica. Un complotto orchestrato perché colpita al cuore dei suoi interessi. In effetti, quanti italiani potrebbero credere a quello che si sta configurando come un caso di fantapolitica, più assurdo di un romanzo alla Dan Brown o di un film di Hollywood?
Questo giustificherebbe, per superare l’impasse, una legge ad personam, che salvaguardi il Presidente del Consiglio ma che non tocchi gli altri processi in corso. Chi di fronte ad un palese caso di persecuzione giudiziaria opporrebbe il “capzioso” argomento dell’incostituzionalità ad un provvedimento teso a portare chiarezza e tranquillità nel Paese? E la mafia che cosa otterrebbe dall’aver innescato l’ennesima bomba, stavolta mediatica, in Italia? È innegabile che il recente scudo fiscale e la legge che prevede di mettere all’asta i beni dei mafiosi, siano un regalo per la stessa Mafia. In qualche modo qualcosa potrebbero averla già ottenuta, a livello economico (in quest’ottica il ponte sullo Stretto potrebbe essere un altro gigantesco regalo), ma rafforzando ulteriormente il Premier, attraverso eclatanti e infondate accuse, potrebbe in seguito ottenere la fine del carcere duro. Non si capisce infatti perché, se per punire i socialisti, rei di non aver mantenuto gli accordi, si progettava di colpire addirittura il Ministro della Giustizia Claudio Martelli, e se fu colpito Salvo Lima per punire la DC, Cosa Nostra adesso per vendicarsi di Berlusconi e Dell’Utri abbia architettato un piano così lontano dal suo modo di operare. Tutta questa vicenda va pertanto interpretata con grande accortezza, ma una cosa è certa l’Italia di questa ultima decade presenta una democrazia malata, uno Stato per niente credibile e un Paese che sembra aver perso ogni fiducia nella politica.