L’originale cantante indie folk presenta alla stampa il suo ultimo cd. Abbandona la sua stravaganza, che lo ha reso noto, per dedicarsi alla buona musica, quella che ci fa sognare e riflettere.”What will we be” racchiude i quattordici singoli con un mix di suoni che fanno parte del suo vissuto
di Roberta Marrocco
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Roma, lunedì 1 marzo 2010 – Devendra Banhart, nome suggerito ai suoi genitori da un mistico indiano, a settembre presenterà il suo sesto album con quattordici singoli inediti. Classe 1981, nato a Huston, residente a Los Angeles ma con un’infanzia trascorsa in Venuzuela sarà in Italia, (Milano magazzini Generali), per presentare al pubblico il suo ultimo capolavoro "What will we be". Dopo Smokey Rolls Down Thunder Canyon, album eccentrico con vena psichedelica, il cantante prova a mettere la testa a posto. Abbandona travestimenti e viso barbuto per indossare i panni del cantautore "per bene" i cui arpeggi cullanti e le tenui melodie conducono Banhart verso il cantautorato tradizionalista di brani come "Goin’ Back" e "Meet Me At Lookout Point”. Personaggio naïf, è conosciuto soprattutto per la musica pre-war folk e hippi. Suo padre, racconta, gli regalò una chitarra e il giorno stesso Devendra venne lasciato dalla ragazza. Quale coincidenza migliore per iniziare una carriera da songwriter? Da quell’ episodio all’incotro con Michael Gira degli Swans il passo verso il successo è breve. Un mix di sound come mambo, merengue, salsa e bossanova fanno di quest’album un’ unica anima musicale. "Ho vissuto tanti anni in Venezuela, queste melodie fanno parte del mio background affettivo, e mi hanno influenzato molto nella composizione" afferma il cantante. Tracce dove si sente il potere dell’amore, delle relazioni, delle storie che hanno fatto parte del suo vissuto. Non più toni inquientanti, ma festosi, quasi ballate dove i sentimenti predominano in assoluto. Qualcuno ha detto che le canzoni di "What will we be" mostrano un sentimento pacificato tra Donovan e Cat Stevens. Le tinte di "Baby", canzone romantica, mostrano come anche nei momenti più leggeri ci sia un equilibrio maggiore che in passato. Il titolo è un gioco di parole, una domanda ricorrente, "Cosa saremo?", tutti abbiamo degli interrogativi sul nostro futuro e magari non troveremo mai una risposta, ma è solo vivendo che si può arrivare a conoscere l’essenza delle cose e dare un senso ai propri perchè. Ascoltando questo album probabilmente non troveremo risposte, ma sicuramente ci susciterà interesse. Tutto sommato, non è altro che la conferma di quello che tutti sospettavamo, è meglio per Devendra Banhart lasciare da parte gli eccessi del suo personaggio e accontentarsi di fare semplicemente il songwriter. Per uno che aveva fatto della stravaganza il suo punto di forza non è facile ritrovarsi apprezzato per aver fatto della buona musica.