Roma, lunedì 14 aprile 2014 – Mentre il governo italiano è impegnato a creare un intruglio di provvedimenti chiamate riforme, nelle sale cinematografiche viene proiettato un documentario dedicato a un grande uomo per il quale la politica non era un mestiere ma una missione. Si intitola “Quando c’era Berlinguer” il film di Walter Veltroni uscito 27 marzo a cinema, tratto dall’omonimo libro, prodotto da Sky e distribuito da BIM (In onda su Sky cinema HD a maggio e a giugno su History HD). È un omaggio a Enrico Berlinguer, il segretario del ex Partito comunista italiano e uno dei leader politici più amati di sempre morto 11 giugno 1984 dopo un malore che lo aveva colpito durante un comizio di Padova. Al suo funerale in piazza San Giovanni a Roma era presente un milione di persone. Stimato e rispettato anche dagli avversari, un uomo di grande onestà e morale ha provocato con la sua scomparsa il dolore che andava oltre alla politica. Il film non è solo una biografia ma un racconto attraverso i ricordi, le interviste e i video dei due momenti storici che hanno lasciato un’impronta profonda nel cuore degli italiani. Uno è “il momento di speranza e di sensazione che il mondo stesse cambiando – spiega Veltroni nell’intervista all’Unità – grazie anche al referendum sul divorzio e il risultato delle elezioni del 1976 quando il PCI ottenne 34,4 %, l’altro è la tragedia del terrorismo”.
Il film inizia con un sondaggio chiedendo le persone a caso: chi era Berlinguer, facendo notare che tra i giovani domina una totale ignoranza sull’argomento. Così in modo un po’ ironico il regista vuole lanciare un messaggio alla società, a suo avviso troppo leggera e priva di memoria. “La memoria – spiega Veltroni – è un alimento di una buona esistenza, perché ci consente di interpretare quello che accade e di essere più consapevoli”. Il documentario contiene anche le testimonianze dei personaggi di allora come Emanuele Macaluso, Aldo Tortorella, Eugenio Scalfari, Giorgio Napolitano, Alberto Menichelli, la figlia Bianca ma anche Jovanotti. Nonostante la bravura della regia, alcune critiche sono riferite proprio al nome di Veltroni. Ma non Veltroni – regista, Veltroni – politico. Perché quel nome si associa anche con il periodo di degrado di quei ideali per i quali Berlinguer ha lottato tutta la sua vita e per i quali morì nella solitudine. Ma la questione più amara del film è vedere piangere all’anteprima di Roma tutti loro che quei valori di sinistra vera avevano tradito per decenni.
Olga Gomenyuk