Let’s swing, now! Lo swing strizza l’occhio a molti appassionati che su internet hanno dato vita a un lungo passaparola, capace di attirare i curiosi di tutto il Paese. Bologna ospiterà a maggio, lo Swing Brother Swing, un festival internazionale, aperto a tutti

di Anna Schiano
redazione@lacittametropolitana.it

Roma, martedì 27 aprile 2010 – “La swing dance è un antidepressivo naturale, perché ci si diverte, si ride, si socializza e si sta in compagnia, bambini, adolescenti, adulti ed anziani”. Questo il post di Silvia, uno dei tanti SOS lanciati nell’azzurro virtuale di internet. La speranza di essere ascoltata si è avverata. Lo swing è tornato. In Italia, da nord a sud, stanno aumentando gli appassionati del genere e le scuole di ballo cominciano a promuovere workshop intensivi. È una febbre contagiosa che ha il potere di insinuarsi nei meandri del web e creare incontri e discussioni tra persone distanti centinaia di chilometri. A Genova e Roma da qualche anno sono state aperte le iscrizioni a corsi specifici, che abbracciano i vari modi di eseguire questo ballo: dal lindy hop al western swing, dal boogie woogie al jitterbug. I prossimi 7, 8 e 9 maggio a Bologna si terrà  lo Swing Brother Swing, un Festival e una competizione agonistica che richiama gli amanti da tutta Italia, giovani e meno giovani, tutti permeati dalla stessa voglia di scatenarsi in pista. Una full immersion che comprende ballo, musica, spettacoli e quaranta ore di stage con artisti di fama internazionale.

Se questa danza è ritornata in voga è per merito di Frankie Manning, uno dei più noti ballerini e coreografi di lindy pop (scomparso un anno fa), diventato un’icona tra gli esperti. Grazie allo studio delle sue esibizioni, a distanza di sessant’anni stanno aumentando i fan del ballo non solo nel Bel Paese (che a detta di Silvia “è il fanalino di coda”) ma in tutto il mondo. Era nato intorno agli anni ’20, quando gli Stati Uniti vivevano i tempi duri della crisi economica. Figlio del jazz e della cultura afro-americana. Il suo colore il nero: neri i musicisti, nero il modo di suonare adoperando delle note “saltellanti” e nero il desiderio di improvvisare per dare libero sfogo, nella musica come nella danza, alle frustrazioni della recessione. Non solo un genere musicale, un modo di ballare, ma una filosofia di vita, una reazione al proibizionismo. Poi esplose la febbre del lindy hop, nato a Harlem, evoluzione del jitterbug: influenzato dal tip tap, dal charleston e dallo shag. Lo si ballava ascoltando le note di artisti come Fletcher Henderson, Benny Goodman, Jimmy Dorsey.  Il grande schermo fece conoscere a tutti questo ballo grazie alle pellicole in cui si “sfrenavano” in performance acrobatiche Ginger Rogers e Fred Astaire, Gene Kelly, Judy Garland, Cyd Charisse fino ad arrivare a una esibizione nel film di David Lynch “Mulholland drive” del 2001.

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