Roma, martedì 19 agosto 2014 – L’Italia affonda sotto il peso delle Tasse. Secondo uno studio della Cgia di Mestre, il 2014 sarà un altro “annus horribilis” con il peso fiscale tornato a gravare sugli italiani per il 44% come nel 2012, come sotto la cura del Professor Monti e dei tecnici al Governo. L’Istat ha certificato che la crescita per il secondo trimestre consecutivo è sotto zero e gli 80 euro di bonus che 10 milioni circa di italiani si ritrovano da due mesi in busta paga non servono per far ripartire i consumi. L’Italia è al palo e nel frattempo il nuovo Governo del Fare non affronta di petto i problemi economici che contano: la spesa pubblica, i tagli alla politica, le liberalizzazioni, la burocrazia, il debito pubblico in continua crescita. In pratica non affronta sul serio il tema cruciale delle riforme strutturali. Per ora l’unica vera riforma in divenire è quella del Senato. Intanto però il dato economico dice che ad ottobre ci vorrà una manovra correttiva. Dubbi al riguardo non ce n’erano, visto che da anni si interviene sull’economia, mettendo le mani nelle tasche degli italiani, annunciando la fine di nuove tasse e una profonda revisione della spesa pubblica, smentendo poi quanto annunciato attraverso manovre che introducono sempre nuove tasse. Oltre ai tagli alle detrazioni, che equivalgono a dire un aumento indiretto dell’imposizione fiscale, l’ipotesi che circola in queste ore è quella di un prelievo forzoso, chiamato contributo di solidarietà, da prendere dalle pensioni sopra i 3.500 euro mensili. (L’ipotesi non è tanto se fare o meno il prelievo, ma dove fermare l’asticella del prelievo, se sopra o sotto i 3.500 euro). Renzi, che aveva smentito di introdurre nuove tasse e aveva invitato tutti gli italiani ad andare in vacanza sereni, potrebbe smentire se stesso tramite il Ministro Padoan. Fa cioè quello che facevano i suoi predecessori, da Monti a Letta, senza dimenticare Berlusconi-Tremonti. La linea è la stessa dal 2008 ad oggi. Ossia dalla fine del secondo Governo Prodi, l’unico che fu davvero virtuoso e aggredì il debito pubblico.
La nuova manovra, se includerà nuove tasse, prelievi e contributi, certificherà la fine dell’idillio degli italiani con Renzi. Le sue riforme per ora sono solo sulla carta e non portano benefici, come il dispositivo degli 80 euro, di fatto sterilizzati dall’aumento delle imposizioni locali. Il Ministro Padoan si è affrettato a dire che per avere un riscontro positivo bisognerà aspettare almeno 2 anni. Questo vuol dire che è probabile che per altri 24 mesi non si avranno miglioramenti sensibili. Intanto qualcuno dal palazzo avanza l’ipotesi che si possa introdurre un nuovo blocco degli stipendi agli Statali (24 mesi), che in parte sono quelli che hanno beneficiato degli 80 euro. L’8 agosto intanto, come voleva Renzi, c’è stata la prima votazione sull’abolizione del Senato elettivo e la riduzione dei Senatori da 300 a 100. Al termine delle letture in Parlamento (ne mancano due alla Camera e una al Senato), se la riforma avrà tenuto e se il Referendum avrà confermato la riforma, il nuovo Senato entrerà in vigore. I tempi previsti saranno intorno al 2016 o tutt’al più alla fine della Legislatura (2018). A meno che eventi traumatici non portino alla fine anticipata dell’esperienza Renzi. Tempi lunghi anche in questo caso per poter godere dei presunti benefici del Decreto Boschi. Si parla poi dell’accelerazione dell’azione di Governo che il Presidente del Consiglio vuole imprimere a settembre, visti i numeri disastrosi dell’economia. L’ordine sarebbe Riforma della Giustizia, Decreto Sblocca Italia, e Riforma della Scuola. Ancora una volta al primo posto viene messa una riforma politica che prenderà molto tempo nelle Commissioni e in Parlamento, con la formazione di maggioranza alternative. Al primo posto andrebbe invece posto il Decreto Sblocca Italia, visto che l’economia è strozzata e gli italiani sono i più tartassati d’Europa, se non del mondo occidentale, per tasse pagate e mancanza di servizi in cambio.
Tutto questo getta delle ombre sulla effettiva efficacia delle politiche del Premier, sulla sua capacità di far invertire la marcia alla nazione, tanto che si inizia a dubitare che il nuovo possa essere incarnato da Renzi e il renzismo, movimento vitalistico, imbevuto di pragmatismo interventista e “azionabile” – termine che mutuato dall’inglese (actionable), con uno slittamento semantico si potrebbe definire come gesto amministrativo pensato fin da subito privo di barriere burocratiche, orpelli formali, lacci costituzionali; l’azionabile è un’azione legislativa immediata di estrema efficacia e per questo più incisiva. Uno dei tratti più peculiari dell’essenza politica di Matteo Renzi, o meglio del suo presentarsi agli elettori, è dato appunto da questo atteggiamento pragmatico e vitalistico allo stesso tempo. Ma finora l’azionabile sul lato pratico si è dimostrato proprio il contrario di quello che voleva essere, ossia immediatamente incisivo, efficace. In prima battuta perché ha sbagliato le priorità. Se il problema è l’economia non si può iniziare dal Senato e dalla Legge Elettorale, per passare poi alla Riforma della Giustizia. In seconda battuta perché ricalca troppo negli atteggiamenti l’ottimismo irrazionale di Berlusconi, per cui bastava solo definire in maniera diversa il problema per fargli mutare pelle e sostanza, trasformando le pietre in oro. Ma il decennio berlusconiano ha portato poche conquiste e molte le sconfitte per l’Italia. Renzi ricalca l’atteggiamento vitalistico di Berlusconi, lo fa suo e insegue ancora il mito dell’ottimismo comunicativo, che si mostra quando attacca e definisce gufi gli oppositori o coloro che non sono convinti dell’azione rimarchevole e incisiva (azionabile) del Premier. A chi si rivolge il termine “gufo”? Per prima cosa alle opposizioni parlamentari e alla pattuglia più folta e attiva del Movimento 5 Stelle. Ma anche ai tanti oppositori interni alla Maggioranza, agli opinionisti, ai costituzionalisti, agli economisti, ai critici in generale che di Renzi non condividono l’Agenda di Governo, o i contenuti delle riforme o il suo vitalismo ottimista.
Chi scrive non è un gufo. Chi scrive vorrebbe vedere l’Italia al pari della altre nazioni europee. Al pari s’intende non per caduta dei consumi, recessione o deflazione o crescita zero che dir si voglia. Ma vorrebbe vedere parchi pubblici coperti dal wifi, strade pulite e ordinate, asfalto resistente a due o più inverni, marciapiedi percorribili dai pedoni, potenziamento del trasporto pubblico urbano e periferico, treni carichi di pendolari vivibili, puliti e moderni. Vorrebbe anche vedere piani regolatori rispettosi dell’ambiente, potenziamento delle fonti alternative di energia, investimenti per i giovani e un sistema di Welfare che possa garantire anche coloro che, superati i Cinquanta, hanno perso il lavoro. Chi scrive vorrebbe vedere anche una classe dirigente attenta al Paese, alle sue ricchezze idrogeologiche, paesaggistiche, ambientali. Vorrebbe vedere politici e attivisti presentare progetti per la salvaguardia e l’utilizzo dell’immenso patrimonio culturale italiano. Così come del grande patrimonio enogastronomico che la tradizione e la creatività italiane hanno creato nel corso dei secoli. Chi scrive non è gufo, ma gli è toccato di nascere e crescere in un Paese dove tutto questo da 40 anni a questa parte è sistematicamente calpestato e rovinato e lasciato all’incuria generale da una classe dirigente attenta solo a depredare la Nazione, per garantire la propria sopravvivenza politica, e a cui l’attuale Governo Renzi non sembra in grado di porre un rimedio, anzi pare piuttosto andare nel solco già tracciato dalla vecchia e fallimentare politica. Per fortuna il tempo è galantuomo, o anche il tempo è gufo?