Roma, giovedì 31 luglio 2014 – Tutti i nodi alla fine vengono al pettine. La spesa continua a crescere in Italia e il Governo Renzi, che getta fumo negli occhi degli italiani con le riforme istituzionali, in effetti non affronta ma rimanda i veri problemi che affliggono il Paese e che servirebbero per avvicinare e agganciare l’Europa. Il Commissario straordinario Cottarelli, delegato dal Governo Renzi a individuare i tagli alla spesa pubblica, fondamentale dicono per far ripartire l’Italia, sembra prendere le distanze dal Premier Renzi, lamentando che il Governo finanzia, ossia trova le coperture per le nuove operazioni, dai tagli ipotizzati nei prossimi mesi. In pratica senza sfrondare sul serio le spese inutili si finanziano nuove leggi con i presunti ricavi dati dai tagli. È vero che siamo nella società dell’immagine, ma queste coperture virtuali sono un po’ troppo anche per il Commissario Straordinario. Intanto dal Ministero all’Economia arriva la notizia che ad ottobre ci sarà probabilmente una nuova manovra correttiva dei conti pubblici, la cui voce di spesa secondo i bene informati dovrebbe essere di circa 16 mld. È notizia di qualche giorno fa che il debito pubblico nei mesi del Governo Renzi ha subito una forte accelerazione, mentre dall’Europa, come hanno certificato le recenti polemiche, cui il Premier si è prestato, non è arrivato il via libera alla richiesta di flessibilità. Anzi di Semestre Europeo non si parla più. Oggi, notizia dell’ultim’ora il Governo è andato sotto in Senato su un emendamento della Lega. Renzi è all’angolo e non gli basterà la sua arte dialettica post-contemporanea per uscire dall’impasse in cui si è cacciato.
Le opposizioni in Senato stanno facendo il loro dovere e si scontrano con il Governo sugli emendamenti e le modifiche da apportare al ddl Boschi sulla proposta di modifica del Senato. Renzi e i suoi avrebbero voluto chiudere entro l’8 agosto con la prima votazione al Senato. Il muro contro muro preparato da Renzi non sembra essere stata una mossa saggia e vincente. Al di là dei cinguettii del Presidente del Consiglio, più propenso alla frase tagliente e velenosa che ad un reale dialogo, non si capisce in cosa queste riforme costituzionali possano apportare benefici alle disastrate casse statali. In Senato la Maggioranza ormai non è più scontata e lo scontro può portare ad una crisi di Governo. Alcuni opinionisti, anche all’interno dello stesso Partito Democratico, vendono in questo l’alibi perfetto per Renzi. Sfasciare tutto. Gridare al golpe istituzionale. E andare a nuove elezioni. Questa volta si concorrerebbe con un sistema elettorale proporzionale puro e con le preferenze, in quanto il Porcellum è stato bocciato dalla Consulta. Bisogna capire se l’alibi o la scelta azzardata sia destinata a gettare nel caos l’ala riformista e governativa della maggioranza o l’ala conservatrice delle opposizioni. Una cosa è certa una crisi di Governo per una riforma istituzionale non avrebbe senso in un momento di profonda difficoltà per l’economia italiana e sotto il Semestre Europeo. Per Renzi sarebbe come ricevere un avviso di garanzia in un summit internazionale. Ma ormai, almeno in Europa, il premier ha perso il suo splendido appeal.
Ma per tornare alle riforme istituzionali, cui Renzi ha voluto imprimere una forte accelerazione, l’abolizione del Senato elettivo con la fine del bicameralismo perfetto e la nuova legge elettorale – detta Italicum – non risolveranno i problemi economici. Sono altre le esigenze degli italiani e delle aziende. La creazione di nuovi posti di lavoro, la riduzione del peso fiscale, l’abbattimento della spesa pubblica, l’introduzione di un regime concorrenziale vero, la crescita industriale ed economica nel Sud Italia, la fine di posizioni di rendita delle Lobby. Il Presidente del Consiglio dovrebbe affrontare tutte queste tematiche nell’immediato o quanto meno spiegare con chiarezza di termini perché le riforme istituzionali di cui sopra dovrebbero aiutare ad andare in questa direzione e far ripartire l’Italia. Il problema è economico e non istituzionale. Il problema è di uomini e di capacità gestionali degli stessi e non di sistema di Governo. In Italia per il momento non ci sono personalità di rilevo, statisti e politici in grado di traghettare fuori dalla crisi il paese. Non è una questione di forma di governo, ma di sostanza. Veniamo da circa 40 anni di malgoverno, con una progressiva perdita di valori etici nella classe dirigente e di capacità di uomini e di manager e di burocrati e di politici, ovviamente.
In queste condizioni monocameralismo o bicameralismo che sia non tiene, perché siamo in presenza di una classe dirigente cooptata e messa nei posti chiave e nei piani alti del Palazzo o dei luoghi decisionali della politica. È mancata da sempre una reale selezione degli uomini, scelti sempre invece sulla base dell’appartenenza politica o partitica che sulle reali capacità professionali e etiche. Un discorso questo che sposterebbe l’attenzione sui mali atavici del nostro Paese e del nostro sistema di creazione di una classe dirigente, di cui Renzi alla fine è l’ultimo risultato. Qui si preme invece mettere in evidenza l’inconsistenza delle dichiarazioni del Premier, che agli annunci per ora non fa seguire i fatti.