In sordina è trascorsa la Giornata Mondiale per Lotta all’AIDS 2009, mentre l’Africa è stretta in una morsa. Lo Swaziland è il Paese più colpito al mondo con un’aspettativa di vita di soli 37 anni

di Serafina Cascitelli
redazione@lacittametropolitana.it

Roma, venerdì 4 dicembre 2009 – Una inefficace campagna di sensibilizzazione ha un alto prezzo: meta della popolazione dello Swaziland colpita dal virus. Eppure alla frontiera i preservativi li danno gratis, “Sex is holy. Enjoy with your husband and wife. Be faithful”, il primo. Un po’ più avanti: “Condomize save your life!” un altro ennesimo cartello. A detta del Ministero della Salute dello Swaziland, dopo svariati rimbalzi a vari uffici,  siamo riusciti a sapere che si stima che sia entrata in contatto col virus dell’AIDS il 42,6% della popolazione. “Si stima”, sì perché un dato reale non c’è. Dalla clinica del Mais onlus, nel distretto dello Shiselweni, i loro dati: “30%  sieropositivi accertati e un 60% che “non sanno” o “non sono preparati a sapere” (quindi rifiutano il test). Sono giovani o di età media. Solo un 10% è certamente sieronegativo, documentato da controlli periodici”. Lo stigma sociale fa da amplificatore in Swaziland: la paura genera discriminazione e così tutti si rifiutano di sottoporsi al test col risultato che una intera generazione, quella degli uomini e delle donne nel pieno della maturità sta scomparendo. Conseguenze economiche disastrose; inoltre, chi si prenderà cura di tutti gli orfani dell’AIDS e dei bambini nati col virus già in corpo? La tradizionale famiglia allargata non riesce a reggere il peso dell’impatto sociale dell’AIDS.

Il Ministro della salute dello Swaziland, Benedict Xaba, afferma in un’intervista che la colpa è della povertà, poiché “il tasso di disoccupazione nel paese è molto alto e la gente deve emigrare per lavorare”, quindi i mariti troppo lontani dalle proprie mogli, vanno con altre donne. Continua dando la colpa alla mancata circoncisione, “diminuita del 60%, perché  si ritiene che indebolisca l’uomo”, ma per fortuna rettifica dicendo che “non può essere la sola circoncisione una risposta al problema”. Alcuni dati statistici dell’OMS sembrano confermare che la circoncisione diminuisce la diffusione del virus, ma incentivare questa pratica significa ancora di più allontanare il maschio dall’uso del preservativo e dal rispetto verso la donna, o meglio le donne; infatti il Ministro non parla della poligamia e della totale sudditanza della donna. E’ rassicurante sapere che si promuove la circoncisione, così “al momento di praticarla sottoporremo gli uomini al test dell’HIV”. Giustamente, è così che si convince un uomo a fare il test.

Testo integrale dell’intervista al Ministro su www.mais-onlus.org

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