Lunedì 27 gennaio le milizie ribelli del Movimento per il 23 marzo (M23) hanno annunciato di aver preso il controllo di Goma, la più grande e strategica città del Nord Kivu, nella Repubblica Democratica del Congo. Goma è una città ricca di risorse minerarie situata al confine con il Ruanda, ed è diventata il simbolo delle tensioni crescenti tra i due paesi. Il governo congolese ha negato che la città sia stata completamente conquistata, ma testimoni hanno riferito di combattimenti intensi e di ribelli giunti nel centro abitato. Questo sviluppo è il culmine di un’offensiva militare che si è intensificata nelle ultime settimane, causando oltre 400mila sfollati e attirando la condanna della comunità internazionale.
Lo M23, sostenuto operativamente dal Ruanda, ha dichiarato di combattere per i diritti dei Tutsi congolesi, ma il governo della Repubblica Democratica del Congo ha equiparato l’assalto a Goma a una vera e propria «dichiarazione di guerra» da parte di Kigali. Le tensioni tra i due paesi sono sfociate nella rottura ufficiale dei rapporti diplomatici. Il presidente congolese Félix Tshisekedi e il suo omologo ruandese Paul Kagame parteciperanno mercoledì a una riunione di emergenza mediata dal Kenya per cercare di negoziare una tregua. Tuttavia, l’occupazione di Goma rappresenta uno dei momenti più critici nella lunga storia di conflitti nella regione orientale del Congo.
Il conflitto tra la Repubblica Democratica del Congo e il Ruanda ha radici profonde, risalenti al genocidio ruandese del 1994, quando centinaia di migliaia di Tutsi furono massacrati dagli estremisti Hutu. Dopo il genocidio, milioni di ruandesi, tra cui molti Hutu accusati di crimini, fuggirono nella Repubblica Democratica del Congo, contribuendo a destabilizzare ulteriormente la regione. L’M23 è un gruppo ribelle composto prevalentemente da Tutsi congolesi che accusa il governo di Kinshasa di non aver rispettato un accordo di pace siglato nel 2009, che prevedeva, tra le altre cose, l’integrazione dei Tutsi nell’esercito e nell’amministrazione pubblica. Già nel 2012, lo M23 era riuscito a occupare Goma per dieci giorni, prima di essere respinto grazie alla pressione internazionale sul Ruanda.
L’offensiva attuale dello M23 ha portato alla conquista di territori strategici, inclusa la città di Sake, a circa 25 chilometri da Goma. Il gruppo ribelle, che controlla già le ricche miniere di coltan di Rubaya, secondo le Nazioni Unite genera entrate stimate in 800mila dollari al mese grazie a una tassa sulla produzione del prezioso minerale, utilizzato nella fabbricazione di smartphone e dispositivi elettronici. Conquistare Goma consentirebbe ai ribelli di accrescere ulteriormente le loro risorse finanziarie, sfruttando le miniere di coltan, oro e diamanti presenti nella regione.
La situazione sul campo è molto tesa. Durante il fine settimana, 13 peacekeeper delle missioni delle Nazioni Unite e della Comunità di sviluppo dell’Africa australe sono stati uccisi nei combattimenti. Inoltre, martedì, nella capitale Kinshasa, centinaia di manifestanti hanno attaccato le ambasciate di diversi paesi stranieri accusati di non fare abbastanza per contrastare l’avanzata dei ribelli o, peggio, di sostenerli. Le ambasciate colpite sono quelle di Ruanda, Kenya, Uganda, Francia e Belgio. I manifestanti hanno incendiato pneumatici, lanciato pietre e, in alcuni casi, fatto irruzione negli edifici, danneggiandoli e saccheggiandoli. Anche il complesso che ospita l’ambasciata statunitense è stato preso di mira, con alcuni manifestanti che ne hanno occupato una parte ancora in costruzione, prima di essere dispersi.
I manifestanti hanno motivato gli attacchi denunciando l’inerzia della comunità internazionale di fronte alla crisi, chiedendo pressioni più forti sul Ruanda per fermare il sostegno ai ribelli dello M23. Questo episodio ricorda quanto accaduto nel 2012, quando la minaccia di sospendere gli aiuti internazionali costrinse Kigali a ritirare il supporto allo M23, permettendo alle forze congolesi di riconquistare Goma in pochi giorni.
La comunità internazionale ha condannato l’avanzata dello M23 e il presunto coinvolgimento del Ruanda. Stati Uniti, Regno Unito e Francia hanno chiesto al governo ruandese di cessare il supporto ai ribelli. Tuttavia, le critiche occidentali sono complicate da recenti tentativi di cooperazione con Kigali: il Regno Unito, ad esempio, aveva firmato un accordo con il Ruanda per trasferire migranti irregolari, poi annullato dal governo laburista. Anche la Francia ha mantenuto stretti rapporti con il Ruanda, sostenendo la presenza di truppe ruandesi nel nord del Mozambico per proteggere importanti installazioni di gas offshore.
Il Ruanda, da parte sua, nega ogni coinvolgimento diretto con lo M23 e afferma che la sua presenza nella regione mira a contrastare i gruppi Hutu armati ancora attivi nel Congo orientale, come le Forze democratiche per la liberazione del Ruanda (Fdlr). Tuttavia, osservatori indipendenti e report delle Nazioni Unite hanno documentato il supporto logistico e militare fornito dal Ruanda ai ribelli, inclusi armamenti avanzati come visori notturni e mortai.