Roma, giovedì 18 ottobre 2012 – Gli spazi dell’Opificio Telecom Italia e del Palladium di Roma saranno lo sfondo ideale per gli appuntamenti dedicati alla danza autoriale nazionale. Il progetto DNA, che rientra nel programma del Romaeuropa 2012, focalizza quest’anno l’attenzione sulla giovane danza italiana e sulla nuova coreografia. I lavori autoriali presentati nelle tre serate, alcuni veri e propri short work altri invece più strutturati, saranno l’occasione per entrare in contatto e vedere le nuove generazioni di danzatori, autori, performer e coreografi al lavoro oggi in Italia. Una visione non esaustiva, ma di certo rappresentativa di quali siano i linguaggi adottati oggi dalla danza contemporanea. Le due location non convenzionali prescelte consentiranno di declinare con maggiore libertà le scritture performative inserite nella piccola ma interessante rassegna di Roma. «DNA – dichiarano gli organizzatori – è una fucina della nuova sperimentazione, nella danza quanto in ambito più genericamente performativo, con l’obiettivo di instaurare un rapporto diretto ed immediato tra artisti e spettatori».
Si parte il 19 ottobre con cinque coreografi che all’Opificio Telecom Italia presentano cinque short works, studi, estratti o lavori in divenire. Gli autori in scena sono Francesca B. Vista con I Change, lavoro ispirato a I Ching cinesi e a John Cage, la coreografia vede dialogare il corpo della danzatrice con il suono di un contrabbasso suonato dal musicista e compositore Daniele Roccato in una combinazione di variabili determinate dal rapporto tra spazio e suono. Annalì Rainoldi si concentra invece sull’immagine di una farfalla notturna con Diatraxia Noctuidae, studio introspettivo attraverso il quale scardinare il senso dei luoghi, il loro orientamento spaziale e simbolico, il volo nomade di un’entità femminile sensibile a qualunque perturbazione. Sempre di entità femminile parla il lavoro Giorgia Nardin nel suo Dolly. Punto di partenza della danza è qui Barbie e l’immaginario pop ad essa legato. Cosa è il femminile? Un immaginario imposto e un automatismo insensato? Come la bambola più famosa al mondo ha contribuito nel tempo a modellare il corpo e il modo in cui è considerato? Moritz Zavan porta all’Opificio Mono-dia-loghi Ritmici, work che si ispira al mito del Purusha, l’uomo cosmico della religione induista e coniuga danza contemporanea e danza classica indiana Bharatanatyam. Conclude la prima impegnativa serata Daniele Ninarello con Trois Corps, un lavoro sui meccanismi di azione e reazione del movimento. In scena con Marta Ciappina ed Elisa del Corso il coreografo articola attraverso i corpi degli interpreti lo stesso discorso scenico in tre direzioni diverse ma tra loro interdipendenti.
Il 20 ottobre al Teatro Palladium del quartiere della Garbatella saranno presentati due lavori più strutturati. In scena Riccardo Buscarini con Cameo. Realizzato in collaborazione con Mariana Camiloti e Antonio de la Fe, il coreografo presenta uno studio influenzato dalla cinematografia, con toni noir e citazioni tratte da Alfred Hitchcock. La trama presenta una scena costruita come un piccolo salottino vintage, in cui si inseguono bizzarre figure legate da strane relazioni. Folk-s will you still love me Tomorrow di Alessandro Sciarroni è uno studio sul valore che la tradizione assume nel mondo contemporaneo. Portando in scena lo “Schumplattler” (il ballo bavarese e tirolese che consiste nel percuotere con le mani le proprie gambe e calzature) il coreografo dà vita ad uno spettacolo in parte irriverente, in cui lo spettatore a sorpresa è chiamato a svolgere un ruolo centrale.
Dna si conclude all’Opificio Telecom il 21 con un sorprendente “inizio”. Il debutto di < age >, il nuovo lavoro della compagnia CollettivO CineticO, guidata da Francesca Pennini. Il progetto declina, insieme a nove teenager kamikaze danzatori, l’analisi sul ruolo dello spettatore proseguendo a lavorare sul concetto d’indeterminazione che attraversa le ultime produzioni di CollettivO CineticO. La performance è strutturata come un atlante in cui, capitolo per capitolo, i danzatori sono chiamati a esporsi su un palco-ring, dove la durata delle azioni è scandita dal gong della regia. I performer condividono una serie di regole e un inventario di comportamenti comuni, ma non sanno in base a quali parametri di selezione saranno chiamati a giocare con il pubblico. Nell’impossibilità di prove e repliche, l’esibizione si mantiene permeabile alle definizioni che ciascun performer darà di se stesso, in bilico tra rigore e reattività emotiva, intensità e ironia.