Roma, martedì 1 febbraio 2011 – Un lampione, una panchina in una qualunque cittadina, e foglie sparse al vento. Siam oa cavallo tra il XX ed il XXI secolo, potrebbe essere una storia di fine anni Ottanta, oppure dei nostri giorni, non è dato sapere. Entra in scena la bravissima Siddartha Prestinari nei panni di una donna che conversa al telefono con un’amica. È Cristina, che dopo molti anni incontra il suo ex marito Paolo, interpretato dallʼaltrettanto bravo Simone Colombari. I due dopo i convenevoli di rito, del tipo: “Ti vedo bene”, iniziano a punzecchiarsi. Brucianti ricordi, tradimenti, gelosie, torna tutto alla memoria in un attimo. Cristina, che non ha dimenticato, offende, incalza e giunge a definirlo abominevole riversandogli addosso la forza di un sentimento, non ancora sopito, ma col tempo divenuto rabbiosa gelosia. Poi come se niente fosse gli chiede se si è fidanzato. Paolo fingendo di essere felice, le racconta di aver trovato l’amore. La scena s’interrompe con un Flashback, una vicenda a ritroso nel tempo, in cui si assiste a piccoli episodi di nevrotica vita coniugale.
Nonostante il loro passato infelice, lui le chiede: “Se decidessi di mollare tutto, torneresti con me?”. Nel finale, seppur in un clima doloroso, c’è l’avvio al cambiamento. Una volta toccato il fondo, per i due sʼintravede la possibilità di gettar via le illusioni e di cominciare a vivere. L’intera rappresentazione, può esser definita come uno sguardo ilare sull’odierna società in decadenza. Ciò che viene portato in scena, da questi due abili interpreti, è il profondo senso d’inadeguatezza dei personaggi, la loro estrema fragilità, nel non saper prendere decisioni e nel loro non saper trovare risposte. Entrambi i personaggi vivono in una sorta di dipendenza affettiva nei confronti del partner di coppia, che li conduce a provare attrazione verso persone con problemi. Il sentimento dei due, fondato sulla dipendenza li conduce in realtà alla solitudine. Paolo è un uomo infantile col complesso d’inferiorità nei confronti dell’universo maschile, Cristina è una donna fragile ed insicura che cerca la completezza nell’altro da sé.
I due attori sono affiatati, e si calano perfettamente nei panni dei rispettivi personaggi. Si tratta dʼinterpreti con pluriennale esperienza, dotati di senso della drammaticità in scena, ma nel contempo anche di una buona dose di verve comica. I co-protagonisti, grazie anche a determinate scelte registiche, sono riusciti a far emergere nei personaggi quel tocco di poeticità retrostante alla sofferenza, alleggerendo il tutto col registro della comicità. Un bel testo, quello scritto da Claudio Proietti che ben dirige i due attori in scena. Bravi Siddartha Prestinari e Simone Colombari, nel donare al pubblico, attraverso la loro interpretazione, momenti realistici del nostro vivere quotidiano. Entrambi convincenti nel passare da un registro all’altro, giocando sul mutamento nel tono di voce, in una chiave di lettura che va dal dramma alla commedia. I due artisti, hanno la capacità di esaltare il carattere dei rispettivi personaggi, passando da un dialogo amaro ad un umorismo in crescendo. Essi velocizzano abilmente i loro movimenti per dare il senso della fuga dalla sofferenza emotiva, effettuano pause e silenzi ad hoc per richiamare l’attenzione e rendere il pubblico partecipe del rimpianto struggente dei protagonisti. Un rimpianto che può tramutarsi in riso, come nella vita.