I Mercati nel panico a causa del possibile fallimento di General Motors e dell’annunciato ribasso delle stime sul Pil Europeo 2009 da parte della Bce. I titoli bancari ed assicurativi soffrono di più. In Italia, come nel resto del mondo, è allarme credito
di Andrea Aidala
aaidala@lacittametropoliatana.it
Roma, venerdì 6 marzo 2009 – Giornata nera per le borse mondiali, in fumo solo in Europa 144 miliardi di capitalizzazioni.
Nonostante i coraggiosi tagli del costo del denaro operati dalla Banca Centrale Europea e dalla Banca d’Inghilterra, entrambi di 50 punti base, sulla scia nera di Wall Strett giù di oltre il 4%, gli indici del vecchio continente hanno ceduto al panico. Maglia nera di un’Europa in picchiata, Milano con il Mibtel ed S&P/Mib che hanno segnato rispettivamente un calo del 5,39% e del 5,85%, seguita da Francoforte, -5,02%, Parigi,- 3,96%, e Londra, -3,18%.
A spingere gli operatori del settore a dare vita a frenetiche vendite l’annuncio di General Motors sulla possibilità di una totale e definitiva cessazione di ogni attività aziendale e le previsioni di crescita al ribasso di Eurolandia rese note dalla Bce. Secondo gli esperti della Banca Centrale Europea, quest’anno, il Prodotto interno lordo dell’area Ue subirà una contrazione compresa tra il 3,2 ed il 2,2%. Solo nel 2010 sarà possibile una lenta e graduale ripresa con il Pil che dovrebbe attestarsi tra un meno 0,7% ed un più 0,7%.
Bancari ed energetici i titoli che più hanno sofferto.
In Italia brusca frenata di Unicredit che ha perso l’11,75%, a seguire Banco Popolare con perdite superiori al 10%. A picco anche Intesa Sanpaolo e Mediolanum con -9,3%, Alleanza -8,6%, Unipol -7,9% e Generali -6,4%. Se le banche e le assicurazioni italiane stanno male, in Europa ed in America c’è chi sta peggio. Il gruppo assicurativo inglese Aviva ha lasciato sul campo ben 33 punti percentuali dopo aver annunciato una perdita nel bilancio 2008 pari a 885 milioni di sterline, quasi un miliardo di euro.
Ma Aviva non è stata la sola ad aver toccato il fondo. Anche le inglesi Legal & General e Prudential hanno chiuso in forte calo, rispettivamente -27,8% e – 18,8%. Male pure le tedesca Allianz, -9,8%, e Axa, -9%. Negli Stati Uniti cade il Colosso Bancario Citigroup: ormai in mano al Governo ha ceduto il 15%. Prima Banca al Mondo fino al 2006, Citibank, in poco più di due anni ha bruciato 271,7 miliardi di dollari, riducendo del 98% il suo valore.
Le banche soffrono se non periscono e in tutto il mondo è allarme credito. La crisi sembra acuirsi di giorno in giorno e gli istituti bancari confermano il loro ruolo di vittime e carnefici. Questi, in seria difficoltà per il tonfo dei mercati e le incredibili svalutazioni dei cosiddetti titoli tossici, hanno chiuso i rubinetti mettendo sottoscacco imprese e famiglie. Un fenomeno complesso e anche italiano che non trova spiegazione solo nel collasso dei mercati finanziari e quindi degli indici bancari. Nonostante il crollo delle borse abbia procurato una generale perdita di liquidità, la causa primaria della stretta al credito pare dover essere rintracciata nell’abbassamento del rating delle imprese provocato principalmente dalla contrazione dei livelli di produzione e quindi di profitto.
Questo ha comportato inevitabilmente un deterioramento delle garanzie al credito e portato le banche a maggior prudenza. Prudenza che però rischia di mettere in serie difficoltà imprenditori e le loro imprese che senza finanziamenti non riescono ad andare avanti e investire sul futuro costringendole in molti casi al fallimento lasciando senza lavoro migliaia di persone.
Non solo le imprese hanno difficoltà a richiedere prestiti, ma anche la comune gente stenta a trovare credito per comperare casa, una nuova macchina e in alcuni casi per fare spesa. Tutti quelli che non hanno avuto la fortuna di occupare un posto statale, parliamo di operai e impiegati di aziende private e liberi professionisti, si sono trovati quasi da un giorno all’altro ad essere guardati con sospetto da banche e finanziarie impietosamente attente, oggi più che in passato, alle segnalazioni contenute nelle famose blacklist del credito.