Basta ritardare di alcuni giorni il pagamento di due sole rate di un finanziamento per essere inserito nelle liste nere dei “cattivi pagatori”. Non basta onorare il prestito e corrispondere le dovute more per trovare redenzione: il destino è ormai segnato
di Andrea Aidala
aaidala@lacittametropolitana.it
Roma, giovedì 12 febbraio 2009 – È l’ultimo giorno utile, devo andare alla posta a pagare la rata della macchina, la fila è interminabile poi devo correre a lavoro, tornerò domani. Un’eventualità che a molti risulterà familiare, ma, come pochi invece sanno, costituisce un biglietto di prima classe per l’inferno dei “cattivi pagatori”. Gli istituti di credito, infatti, sono soliti denunciare le irregolarità nei pagamenti dei rispettivi clienti a certe società pubbliche o private che inseriscono i nominativi degli stessi in apposite banche dati. Uno strumento importante per gli operatori del credito che possono accedere a queste informazioni e valutare la rischiosità della concessione del prestito, ma che può rappresentare un grave handicap per i consumatori.
Conosciamo i protagonisti.
Diversi enti sono predisposti alla gestione ed al raccoglimento di questi dati: esistono centrali del rischio pubbliche e private, le prime sono due, una fa capo alla Banca d’Italia e contempla informazioni su prestiti pari o superiori ai 77.468,53 euro e l’altra alla SIA, Società Interbancaria per l’Automazione, e che riguarda esposizioni tra i 15.493,71 Euro ai 77.468,53; tra le seconde le più importanti sono tre, Crif, CTC ed Experian, le quali raccolgono dati sui prestiti fino ai 15.493,71 euro. Le cosiddette blacklist non contengono solo informazioni riguardanti gli inadempienti, ma anche ritardatari e tutti quelli che hanno nella loro vita acceso una qualunque forma di prestito. Attraverso la consultazione di questi elenchi è possibile scoprire quando e a quale società un soggetto ha richiesto un prestito, la data di erogazione dello stesso, l’importo e la durata del finanziamento, è possibile inoltre conoscere tutti i crediti soddisfatti, quelli in corso e persino il loro andamento: una quantità enorme di dati personali sensibili. Per un periodo di tempo prestabilito un iscritto che vorrà rivolgersi a qualsiasi istituto di credito per la concessione di un nuovo prestito, dovrà fare i conti con il proprio passato e con le informazioni contenute in tali banche dati. Ogni società finanziaria, oltre a controllare le capacità reddituale del cliente, verificherà il suo trascorso finanziario e se troverà eventi giudicabili negativi probabilmente respingerà la richiesta di credito, in alcuni casi anche quando tutti i vecchi finanziamenti fossero stati onorati.
Fin qui non pare esserci problema, ma definiamo meglio cosa realmente s’intende per “evento negativo”. Tale definizione indica oltre alle insolvenze anche i ritardi nei pagamenti, non parliamo di anni o mesi bensì di giorni. Basta un semplice impedimento, la fila alla posta, problemi di lavoro o una semplice dimenticanza per essere condannato senza possibilità di redenzione nel girone dei “cattivi pagatori”. Anche se il prestito sia stato onorato e la mora, dovuta ai ritardi nei pagamenti, corrisposta, il destino dell’iscritto non muta. I dati dei consumatori, catturati all’interno delle banche dati, infatti, resistono anche allo scadere delle rate del finanziamento. In particolare le informazioni sui rapporti di credito consumati in modo regolare verranno trattenute per 36 mesi, su contratti che hanno sofferto di “morosità di due rate o di due mesi poi sanate” per 12 mesi dalla regolarizzazione, su quelli che hanno fatto registrare “ritardi superiori a due rate o due mesi poi sanati” 24 mesi dalla regolarizzazione.
Per riassumere: basta un semplice ritardo nella corresponsione di tre rate per essere bollato come “cattivo pagatore” per 24 mesi e precludere per questo lasso di tempo ogni possibilità al condannato di accedere a nuovi finanziamenti.
Come fare allora per sfuggire a questa trappola?
Non è ipotizzabile negare il consenso all’inserimento dei propri dati nelle cosiddette centrali del rischio pena un secco No alla richiesta del prestito. È possibile pretendere dalle società detentrici delle blacklist la cancellazione dei dati in merito al “nero” passato finanziario, ma questa operazione è prevista solo in caso in cui il soggetto richiedente sia stato oggetto di truffa. Per tutti gli altri colpevoli di aver tardato non rimane altro che chiedere l’aggiornamento dei dati riferiti alla violazione in caso di avvenuta regolarizzazione del pagamento. Un’azione che comunque non dà la certezza ai consumatori che un istituto finanziario conceda loro nuovamente credito.
Diffidate da chi promette di pulirvi la “fedina finanziaria” prima dei tempi previsti dalla legge, di certo mente.