Direttamente dalla città di Dallas, Texas, un gruppo di giovani neri, gli “Happy Day Gospel Singers”, è in tour nelle chiese della nostra penisola, per farci assaporare la magia del Gospel. Milano, Venezia, Roma, Assisi, Cosenza, sono alcune delle tappe previste per il mese di dicembre. A sorpresa, tra l’elenco delle città, sbuca una meno conosciuta Agropoli (SA). E la cosa non dispiace, visto che, per il secondo anno consecutivo, una piccola realtà come quella cilentana può godere della vitalità del blues-boogie-jazz, accostato alla religiosità del tema evangelico. Degli 80 solisti gospel provenienti da Dallas, ogni anno ne vengono selezionati sette in grado di creare un coro come questo dei “Singers”. La Chiesa di Santa Maria delle Grazie si anima di un sound tutto nuovo. Eric Patterson, pianista e direttore d’orchestra, dà il via ad un “Adeste fidelis” rivisitata alla grande. A lui si aggiungono i vari pezzi del puzzle – i coristi – che andranno a comporre il coro. Ogni pezzo ha un “soul” tutto suo, tanto individuale, quanto indispensabile a creare l’anima dell’intero gruppo. Impossibile trattenere la voglia di accompagnare il tempo. Il pubblico batte le mani.
Quello che colpisce è l’immediatezza della carica espressiva del canto Gospel, che tanto contrasta con la complessità sintattica del sermone domenicale. Lo fa dimenticare. Quando l’assolo corale cantato, vissuto, sudato è più forte della predica pensata, parlata. Quando le note, legate alla forza suadente della voce – è forse un male essere letteralmente sedotti da una canzone e dai suoi contenuti, sedotti dalla religione? – sono in grado di creare un Cambiamento. Ed è proprio “Changed” il brano più commovente della serata, con il testo di Walter Hawkins, pastore e cantante gospel sposato con Tramaine Hawkins, vincitrice dello “Stellar Award” come voce femminile dell’anno (2007) e performer del pezzo. Dio che cambia il nostro modo di parlare, di camminare, d’essere come è più comodo essere e, alla fine, ci fa sentire liberi: “Now I’m free”. Quattro ragazzi e quattro ragazze che per una buona ora rianimano la Chiesa e i suoi abitanti. Hanno il merito di possedere la forza spirituale (oltre che fisica!) in grado di trasmettere al pubblico la gioia con cui loro stessi vivono la fede. Bis conclusivo di “Oh, happy days”, il brano più noto della serata, che coinvolge un po’ tutti. E il pubblico lascia la Chiesa con la speranza di un bis più importante: poterli vivere di nuovo, il prossimo dicembre. Magari, con la neve.