Un partito dai congressi paragonati ai festeggiamenti per il compleanno di Kim Il Sung, il dittatore coreano, un parlamento schiavo di un Governo che lo considera un impaccio, il sogno di una democrazia liberale spezzato, queste le ragioni dell’addio
di Andrea Aidala
aaidala@lacittametropolitana.it
Roma, giovedì 5 febbraio 2009 – Il Pdl, la corte di un benevolo dittatore: questo il pensiero espresso dal Senatore Paolo Guzzanti. Parole dure dirette al Presidente del Consiglio Berlusconi, Imperatore di un partito “diventato – e lo dice lo stesso Guzzanti – sempre più un organismo autoritario e piramidale, incapace di celebrare un vero congresso”, congressi, per l’appunto, paragonati alle “celebrazioni per il compleanno di Kim Il Sung”. Una formazione politica, quella fondata dal Presidente Berlusconi, riconducibile ad un regime che, per la sua natura prettamente leaderistica e autoritaria, non conoscerebbe dissenso al suo interno, dove la democratica e naturale formazione di correnti di opposizione appare inesistente. Affermazioni contestate dal capogruppo del Popolo della libertà alla Camera, Fabrizio Cicchitto, secondo il quale Guzzanti “costituisce una vivente smentita all’analisi che fa sul regime interno di Forza Italia" poiché egli, più volte, “ha avuto la possibilità di esprimere in modo del tutto libero, anzi anarchico, le sue posizioni frontalmente polemiche con Berlusconi e con Forza Italia".
Parole forti, una dura critica espressa da un’ex socialista che diede fiducia al re delle tv private per la realizzazione di un’Italia nuova, per il “rilancio della terra promessa della democrazia liberale”, adesso rivelatesi mera “prospettiva di una democrazia vuota di contenuti e tendenzialmente autoritaria”. “Un profondo malessere”, quello di Guzzanti, covato da tempo ed espresso più volte tra le righe de “Il Giornale”e del suo personale Blog che, il due febbraio scorso, lo ha portato a rassegnare le dimissioni dal Pdl annunciando il passaggio nelle fila del gruppo misto e la sua personale adesione al Partito Liberale.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso della pazienza del Senatore dissidente, il sostegno "entusiasta, personale e amicale al signor Vladimir Putin, per la criminale invasione della Georgia", anche se i veri motivi dell’addio al Pdl, a dire dello stesso, sarebbero stati altri, tra i tanti il più importante la generata sudditanza delle Camere Rappresentative nei confronti del volere dell’Esecutivo. Il Parlamento italiano, “ridotto oggi al rango di cane slitta del Governo, costretto a correre sotto i colpi di frusta dei voti di fiducia con cui approvare i decreti legge”, da controllore si sarebbe trasformato in controllato.
Effettivamente la tendenza più volte manifestata dal premier di considerare il dibattito parlamentare come un “impaccio” appare evidente: ad oggi l’esecutivo ha all’attivo ben 11 richieste di fiducia, comportamento che non molto tempo addietro provocò la reazione del Presidente della Camera Gianfranco Fini a difesa delle prerogative parlamentari. Prerogative che appaiono dimenticate anche dagli stessi membri delle Camere. A poco meno di un anno dalla conquista di Palazzo Chigi della coalizione guidata da Silvio Berlusconi su 45 provvedimenti legislativi approvati, ben 44 sono d’iniziativa governativa e solo una è stata promossa da parlamentari.