Si indebitano, non mangiano e dormono nei tuguri pur di avere un paio di scarpe Prada o una camicia Armani. Girano tra le baraccopoli dell’Africa più povera. Si fanno pagare per mostrarsi alle cerimonie. Sono i nuovi esperti di moda. Gli edonisti dalla pelle color ebano

di Anna Schiano
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Roma, 27 giugno 2010 – "Noi viviamo per gli abiti, con gli abiti e negli abiti”, così sintetizza Ben Mukasha Monama, teorico della “sapeologia”, la scienza che studia il nuovo fenomeno della moda legato ai sapeurs. I fashion freak o i nuovi dandy. A stupire non è la provenienza. L’Africa nera. Il Congo. Sono amanti dell’eleganza e delle grandi firme, a tal punto da averne fatto una fede. All’occorrenza anche un lavoro. Vengono dalle ex-colonie francesi ed inglesi, hanno fatto “fortuna” a Parigi o Bruxelles e quando rientrano in patria mettono a disposizione la loro eleganza e conoscenza della moda agli abitanti del posto. Fanno i vip, a pagamento, ai funerali o ai matrimoni e danno un tocco di glamour alla festa. Come degli aristocratici. Pionieri di questo movimento sono stati i gentiluomini di Bakongo in Brazzaville, che hanno creato il SAPE (Société des Ambianceurs et Personnes Elégantes). In francese sapeurs, quelli che “sanno”. Come vestirsi. Passeggiare. Parlare. In una parola, vivere. Il loro idolo è Andrè Matsoua. Arrestato in Europa nel 1933, si presentò con blazer a tre bottoni e pantaloni bianchi. Quando rientrò in paese fu accolto come una star. E tutti cominciarono ad imitarlo. Il cantante Papa Wemba, negli anni ‘70, durante i suoi concerti, sfoggiava giacche di paillettes, a volte al rovescio per mostrare l’etichetta, e improvvisava passerelle sul palco. “Indossare un abito griffato, – diceva – deve essere un piacere, non un crimine”. Non si tratta di ricconi, ma di persone che creano dei modelli, dei rituali, dei valori. Una subcultura studiata negli ultimi anni da sociologi ed etnologi. Si riuniscono in club, che hanno i loro adepti e un regolamento deontologico. La Sape è un’ispirazione divina. L’arte di far cantare i colori. Non si devono indossare mai più di tre colori. Bisogna saper riconoscere le grandi firme, da Armani a Dior, da Yves Saint-Laureant a Yamamoto. Le scarpe sono fondamentali. Di pelle, stringate e sempre pulite. Dello stesso colore delle calze. La cravatta è un’opera d’arte, se brutta, meglio non metterla. Il sigaro è un segno di eccellenza, ma prima di accenderlo, sempre chiedere il permesso al vicino. Parlare francese con una dizione perfetta. Non alzare mai la voce. Avere modi da gentleman.

Le grandi sartorie sono la loro chiesa. Gli stilisti europei delle divinità. “Vanity Fair” e “Vogue” la loro bibbia. “Il fenomeno ha i contorni di una vera e propria ossessione per la griffe, – sostiene l’etnologo Jean Rouch -. I nuovi discepoli della Sape sono come ipnotizzati dallo sfolgorio dei capi firmati, al punto che davanti alle vetrine delle boutique hanno visioni mistiche”. In un paese dove regna la miseria, i nuovi dandy non badano a spese pur di avere un paio di scarpe Prada. “Sono disposti a togliersi il pane di bocca, a indebitarsi fino al collo – spiega Fifi Lukusa, giovane stilista di Kinshasa –. Tornano dall’Europa con valigie piene di vestiti costosi e di accessori prestigiosi. Ma poi finiscono per dormire in qualche baracca”. “Gentlemen of Bakongo” del fotografo Daniele Tamagni, è un libro che racconta, attraverso le immagini  riti, luoghi e comandamenti degli edonisti africani. Vincitore del Young Photographers Canon Award 2007 e secondo al Premio Amilcare Ponchielli 2009, ha dato vita a una mostra ad Amsterdam, alla galleria Prins Claus Fund, aperta fino al 20 agosto. “Credo che i sapeur siano una specie di movimento rivoluzionario – spiega il freelance -, per loro vestirsi bene è un modo per scappare dalla povertà e dimenticarla”. Una rivoluzione che anche in Occidente non può non essere notata. E se per le capitali europee, dovesse capitare di incrociare un elegante uomo di colore a passeggio col bastone, le scarpe laccate e il sigaro in bocca, allora si avrà avuto la fortuna di incontrare un sapeur.

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