Roma, mercoledì 24 luglio 2013 – A dieci anni dalla sua inaugurazione, a venti dalla sua ideazione, il “Parco della Musica” di Roma è quello che doveva essere: un “brano” della città. La creatura di Renzo Piano si palesa tutti i giorni: nella vitalità della cavea, nella continua frequentazione da parte di una varia umanità che spesso ha poco a che vedere con la musica. L’archi-star, ancora una volta, coglie “il senso del luogo”, assecondandolo se questo è il sentire comune, o, modificandolo con il giusto grado di compromesso tra la novità e la tradizione, con quella dote, che non si apprende, che è “senso della misura”. La monumentalità, di cui l’Auditorium è portatore fin dalle sue intenzioni fondanti, non è soverchiante né ridondante, ma realizza le sue premesse ed è “luogo d’incontro che dà alla città la sua funzione sociale e culturale”- Renzo Piano -. In primo luogo c’è il contesto. L’Auditorium sorge sul confine tra due quartieri, Flaminio e Parioli, separati dal viadotto di Corso Francia, importante infrastruttura viaria che impone lo spostamento del punto di vista dell’impianto sollevandolo ad una quota, che non è quella di accesso, ma si trova almeno dieci metri sopra.
Questo significa che si è voluto privilegiare la visuale di chi percorre il viadotto e che deve trovare dal lato Parioli un equilibrato contrappunto con il Palazzetto dello Sport e lo Stadio che invece strutturano il lato Flaminio. In effetti, girando lo sguardo a 360 gradi, le curve delle tre opere si susseguono in modo armonico e consequenziale. L’Auditorium, con i suoi profili morbidi, sembra essere stato lì da sempre ad addolcire lo skyline, tanto che, a stento ci si ricorda che lì prima c’era il deposito giudiziario delle auto. Ed è nel recupero e nella riqualificazione di quest’area per la città che si trova il valore sociale dell’intervento. Fino alla sua entrata in funzione, il quartiere Flaminio versava in un tale degrado da essere infrequentabile. Socialmente morto, tanto da trascinare alla decadenza anche le gloriose architetture del quartiere olimpico.
Al di là del viadotto, il quartiere dei Parioli soffriva in modo asfissiante la mancanza cronica di spazi collettivi e sociali di qualità, essendone totalmente privo e soffocato in una morsa di traffico. Due aree in sofferenza, per motivi diversi, desertico ed abbandonato uno, caotico ed ingolfato l’altro. Il sito dell’Auditorium è la cerniera, anche fisica, tra queste due realtà e tale ruolo lo svolge a pieno. Visivamente ha ricucito l’orizzonte, poi ha portato una funzione culturale, funzionante di giorno e di notte, offrendo anche uno spazio esterno, pubblico e collettivo, in parte coperto, di qualità, facilmente accessibile. Il valore sociale è portato raro per le opere di architettura contemporanea, ma l’Auditorium lo possiede e questo gli ha consentito di entrare attivamente nella vita della città, diventandone protagonista e di essere uno dei monumenti di Roma.
Fiona Serrelli