Roma, lunedì 23 febbraio 2015 – La Juve gioca male, vince con l’Atalanta in casa e allunga di due punti sulla Roma. Questa in sintesi è la giornata che ha contraddistinto l’anticipo di venerdì 20 della 25 giornata di Seria A per la squadra bianconera. Per la seconda volta consecutiva contro una “piccola” che lotta per salvarsi, la squadra di Allegri va in svantaggio e dopo circa una decina di minuti riesce prima a pareggiare e poi a ribaltare il risultato. Era successo la settimana prima contro il Cesena. È accaduto di nuovo contro i nerazzurri di Colantuono. E come contro il Cesena, anche ieri la Juventus ha giocato male. Senza testa, senza cattiveria, senza far correre la palla. Di diverso è stato l’approccio fisico. I bianconeri sono in grado di reggere gli scontri rudi contro gli avversari. Non hanno paura del corpo a corpo e con le piccole, che spesso cercano di supplire agli scarsi mezzi tecnici con la tenacia fisica, non cedono di un cm. Ma oltre a questo non c’è tanto da sottolineare nella gara di venerdì sera, se non che appunto la testa di tutti era più alla gara con il Dortmund che alla corsa in Campionato. La Roma è sempre più distante e, anche se questa volta la Juventus non sapeva in anticipo il risultato dei giallorossi, i punti di distanza accumulati e la serie di cattive prestazioni della squadra di Garcia hanno permesso di non vivere con ansia la gara. In qualche modo la certezza di battere l’Atalanta pur giocando male e comunque di non essere in pericolo nella corsa Scudetto, o per lo meno di non essere insidiati dalla Roma di questi tempi, sono stati più forti di qualsiasi richiamo societario e della direzione tecnica. E al termine dei 90+ recupero chi aveva pagato il boglietto dello Stadium per vedere la Vecchia Signora non è rimasto deluso per il risultato ma certo per lo spettacolo in campo.

La gara con l’Atalanta non è stata proprio uguale a quella della settimana prima. Colantuano, diversamente da Di Carlo, non ha pressato a tutto campo i bianconeri, ma ha preferito aspettarli nella tre quarti, chiudendo gli spazi per non dare profondità agli avversari. La Juventus da parte sua non ha mai cercato di trovare profondità e spazi. Ha quasi sempre avuto il pallone tra i piedi e ha provato ad attaccare l’Atalanta facendo circolazione di palla. Priva però della necessaria cattiveria e di volontà di potenza – per citare Nietzsche -, nel senso di affondare i denti il prima possibile nel collo dell’avversario, ha creato azioni su azioni al piccolo trotto, senza mai davvero portare attacchi pericolosi. Inoltre la pressione non è mai stata continua e il centrocampo bianconero ha perso molti, troppi palloni. Dal canto loro, gli uomini di Colantuono hanno giocato tutto sul contropiede. Dalla solita palla persa a centrocampo si è così avviata l’azione dei nerazzurri, che hanno velocemente ribaltato l’azione con Baselli che smarcato da solo a pochi metri da Buffon ha fatto partire un bolide che solo il numero uno bianconero poteva sventare, compiendo un altro miracolo (almeno il 15° dall’inizio del Campionato). Ma nulla ha potuto fare sul successivo angolo, quando Migliaccio ha deviato di testa il corner, facendo sbattere la palla sul palo lontano. L’1-0 per gli ospiti arrivato al 20’ circa ha fatto svegliare la Juve che ha incominciato ad attaccare con maggiore continuità. Insomma nell’aria si palpava un certo sentimento di superiorità, quel sentimento che di fa credere di essere più forte comunque e che prima o poi arriva il gol del pareggio e poi quello della vittoria e che quindi non serve più di tanto impegnarsi a fondo. È un certo snobismo che porta a prendere in considerazione solo le gare che “contano”. Quelle prossime di Champions oppure quelle con le possibili “vere” competitrici del torneo (tipo Napoli, Roma, Fiorentina). Come se squadre come l’Atalanta non siano squadre da affrontare e da battere, con serietà e con timore. Purtroppo per la Juventus e i suoi tifosi la vittoria è arrivata. E così questo sentimento di presunta superiorità di lignaggio lo vedremo alleggiare ancora nell’aria. Prima Llorente su mischia in area generata da corner e poi Pirlo con un euro gol alla Platini, ottenuto calciando di precisione da quasi trenta metri su azione, hanno ribaltato il risultato prima del riposo.

La Juventus nel secondo tempo si è dedicata a non giocare, a risparmiare le forze, a controllare la gara, a fare di tanto in tanto qualche affondo. Insomma ha messo in campo quelle virtù negative che fanno diventare una grande squadra in una squadra mediocre, brutta da vedere e sempre sul filo di prendere il gol grazie alla voracità degli avversari. L’Atalanta, come il Cesena la gara precedente, non ha grandi individualità. È una squasdra mediocre che deve cercare di salvarsi. Se poi non ci riesce poco male. Una anno di B non è la fine del mondo, anzi permetterà di rimettere un po’ in sesto il bilancio. Questo per dire che sì, c’è sempre il desiderio di poter battere e fermare la prima della classe. Ma se non avviene in fondo va bene lo stesso. Ergo la Juventus ha giocato con la sicurezza di chi sa già che la gara finirà così. Eppure questo modo di pensare non va assolutamente bene quando ci si imbatterà in squadre dal diverso pedigree. Squadre che lottano per arrivare in Europa League o per conquistarsi un posto in Champions League. Squadre come Lazio, Fiorentina, Torno e Genoa. O come la stessa Roma, che fra sette giorni proverà a tirare fuori gli artigli per umiliare la Vecchia Signora, così come era stata umiliata lei stessa allo Stadium nella gara di andata. Per il momento possiamo dare le colpe alla preparazione per Champions, ma il rischio è che di nuovo la Juventus si sia imborghesita e abbia perso quella spinta agonistica che è stato il suo miglio pregio nel triennio di Conte e anche nelle prime 20 gare della gestione Allegri.

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