Roma, sabato 9 aprile 2011 – Il brano dell’Ave Maria di Schubert apre il sipario ed attraverso le vicende di un condominio di città, vanno in scena l’ipocrisia e l’individualismo sfrenato della società italiana e non solo. Il bravo Matteo Nicoletta calza i panni di Alexandru, un umile elettricista rumeno recatosi nei pressi di un palazzo alla ricerca di un appartamento da prendere in affitto. Il rumeno incontra il portiere dello stabile, uno spassoso napoletano impersonato dal bravo Marco Maria della Vecchia, e dal loro dialogo in italiano stentato partono tutta una serie di gag in levare. Della Vecchia con la sua verve comica partenopea ed il suo recitare con naturalezza ed ironico sarcasmo, dà alla rappresentazione il senso dell’improvvisazione in linea con i dettami della Commedia dell’Arte. Marianna Galloni cimentandosi con efficacia nel ruolo della moglie dell’amministratore in preda agli psicofarmaci, porta in scena un tema purtroppo assai in voga nella società postmoderna, il tema della depressione. A causa di essa le persone vedono alterate in modo significativo le loro relazioni sociali, e giungono all’accettazione passiva di tutto, persino del degrado sociale. “Un rumeno con tutti quei soldi…” esordisce il bravo Gianni dal Maso nei panni del Sig. Giacomelli, nel convincente ruolo dello xenofobo amministratore del palazzo. L’attore concretizza ad effetto il marciume e l’arroganza di un uomo amante solo delle proprietà individuali e del denaro. Ma come nella vita tutto è in movimento. Sboccia l’amore che tutto trasforma e modifica gli equilibri della piccola comunità.
Bella l’idea di inserire una pièce di danza classica all’interno della rappresentazione teatrale sul tema musicale del Bolero di Ravel. La brava Maria Isabel Galloni nei panni della morte effettua una sorta di danza rituale con musica in crescendo di fronte agli astanti e conferisce valore al tutto non solo dal punto di vista estetico ma anche per l’aggiunta di un efficace tocco di espressività drammatica all’intera rappresentazione. La brava Emanuela Ansini nel ruolo della Signora Canziani porta in scena il tema della donna insoddisfatta di mezza età, ma da qui si trova il pretesto per affrontare l’argomento della presa di coscienza di chi si ribella all’iniquità di certe scelte del finto buon vivere civile. “Lei vuol mandar via il rumeno solo per impossessarsi della caparra” urla con voce stentorea e squillante verso il bieco amministratore del palazzo. La sua recitazione è partecipata ed intensa e crea il senso del contrasto dinamico in scena. Eleonora Antonucci impersona con spigliatezza i panni della Signora Di Tillio, un personaggio che con il suo estremo individualismo pone in luce l’etica nera della modernità. Il bravo Alessio Rizzitiello ha una duplice parte in commedia, calza i panni del figlio dell’amministratore, spaccone e xenofobo, ed i panni del marito della signora Di Tillio, succube della moglie ed individualista anch’egli. Veronica Petrini e Gisella Giancarli nei panni rispettivamente di Deborah e Romina, due ragazze in cerca di divertimenti, conferiscono un clima di allegria all’intera vicenda. Bravi anche Jessica nei panni della piccola Lucia, la voce narrante che con candore ed ingenuità porge i retroscena della vicenda, ed il cantante Massimiliano Nicosia.
“E’ uno spettacolo sulla vita di tutti i giorni a cui è stato dato volutamente un tocco di surreale per renderlo più leggero e naïf. Qui le vere protagoniste sono l’ipocrisia e l’ironia quotidiane” dichiara con la forza della semplicità la regista Marianna Galloni. Nonostante una scarna scenografia, la pièce teatrale pone in luce ad effetto le nostre emozioni. L’intero condominio è tormentato dall’inquietante verso di una civetta, simbolo di chiaroveggenza, e dal fantasma di una celebre attrice degli anni Sessanta. Se l’inconscio affiora allo stato della coscienza attraverso metafore, allegorie e fantasia, il richiamo ad aspetti soprannaturali cela forse l’intenzione di indagare nel profondo dell’animo umano?