Racconta come da magistrato considerato professionalmente capace è passato a essere giudicato un “cattivo” magistrato nel momento in cui ha individuato i nomi e cognomi di alcuni esponenti della politica e dell’imprenditoria che ne macchiavano la funzione alta che pure essi avrebbero dovuto assolvere per il Paese; quando si è scontrato con il ruolo delle logge massoniche e di una P2 mai morta all’interno dei palazzi di giustizia e del potere; di quando ha rintracciato il volto degli uomini del (dis)onore che con la politica, l’imprenditoria e la massoneria si mescolavano nel tentativo di spartirsi il vantaggio della res pubblica. Il cattivo magistrato doveva essere, quindi, fermato con un assalto che ha avuto il volto della sottrazione delle inchieste (come Why not o Poseidone), delle ispezioni del ministero della Giustizia, dei procedimenti disciplinari a pioggia della Procura Generale della Cassazione e del CSM, delle interrogazioni parlamentari trasversali, del trasferimento coatto per incompatibilità ambientale, dell’esautoramento delle funzioni di pm, della pressione dei colleghi e dei politici affinché fosse scoraggiato nel suo lavoro e intimidito nella sua professione, fino al punto di svestirsi della toga, costringendolo, come egli stesso ha detto, alla scelta più dolorosa della sua vita. Giudicato tutto illegittimo dalla Procura di Salerno, che ha al contrario sostenuto la fondatezza delle inchieste, è stata, come ben si sa, falcidiata nei suoi vertici e nei suoi collaboratori.
Il sentimento che si percepisce scorrendo le pagine del libro è quello dell’amarezza ma anche della speranza. Una speranza che porta il volto di Borsellino, Falcone e Calamandrei, che secondo De Magistris “sono miti giovanili a cui ancora adesso guardo, anzi forse soprattutto adesso”. Una speranza che ha nella difesa e nell’attuazione della Costituzione la sua stella polare e che vede come unico argine democratico di una situazione pericolosa verso la quale il Paese si è ormai avviato. Una situazione che si è giunti, secondo De Magistris oltre che per un totale controllo del sistema informativo italiano che monopolizza la conoscenza dei cittadini italiani, anche per una mancanza da parte di quest’ultimi di una vera reazione a questo stato di cose dovuto a una certa volontà da parte di una buona maggioranza di essi di omologarsi al modello di vita portato avanti dalle tv berlusconiane. Soltanto una rivoluzione culturale, ha concluso l’ex pm, potrebbe essere fondamentale per uscire da questo stato di cose, una rivoluzione ovviamente che richiede purtroppo molto tempo prima che si inneschi e che porti i suoi frutti. Per questo è molto importante almeno scrivere un libro e quant’altro per tentare in qualche modo di aprire gli occhi e formare una coscienza a più persone possibili.