Roma, mercoledì 19 ottobre 2016 – La Juventus è prima nel suo girone di Champions. Alla fine è questo quello che conta. Non serviva giocare bene. Serviva vincere. E la Juventus lo ha fatto. Per un tempo non è riuscita a scardinare la difesa orchestrata dai padroni di casa del Lione anzi, dopo un inizio veemente, addirittura ha trovato il modo di complicarsi la vita. Prima lasciando che i giocatori avversari, timorosamente, prendessero campo. Poi regalando con Bonucci un rigore assurdo, strattonando in area, proprio sotto gli occhi dell’arbitro, l’avversario che non sarebbe mai arrivato all’impatto con la sfera. Per fortuna Lacazette, il fuoriclasse del Lione, si è fatto parare il rigore da Buffon, che la stampa italiana già dava per finito, dopo le parere con Italia e Juventus. La gara di ieri è stato l’inizio del riscatto del portierone bianconero, che muso lungo e concentrazione per tutta la partita, non ha esultato al rigore neutralizzato, così come non ha esultato nelle difficili parate che ha sfoderato dopo. Forse era conscio che esultare non sarebbe valso a nulla, anche perché era chiaro che dalla mezzora del primo tempo in poi non sarebbe stata una bella serata per gli uomini di Allegri; e il gol dei padroni di casa era nell’aria. Il Lione, ottavo in Ligue 1, avrebbe dato del filo da torcere alla Signora, e di pericoli ce ne sarebbero stati altri. Non che la Juventus non si fosse avvicinata alla porta avversaria nel primo tempo. L’ha fatto con un bel colpo di testa di Higuain, che ha costretto ad una grande parata Lopes e ancora allo scadere lo ha fatto con Bonucci, su traversone di Dani Alves. Il fatto però è che la Juve è parsa sfilacciata. Dybala non era in forma. Dani Alves ha mostrato le solite pecche, volendo strafare in bellezza e rinunciando all’essenzialità. Dove sarebbe l’esperienza che da lui si richiede? Khedira girovagava per il campo poco servito dai compagni. Pjanic anche lo si è visto a sprazzi, sempre raddoppiato. Bene invece Evrà. Benissimo Alex Sandro, ormai impossibile da lasciare fuori. Bene anche Higuain. Bene Barzagli. Insomma il primo tempo si è chiuso con due pericoli per parte.
La seconda frazione si è aperta esattamente all’opposto della prima. Se nei primi dieci minuti la Signora aveva schiacciato i padroni di casa nella loro metà campo, al rientro dalla pausa è stato il Lione che è apparso subito aggressivo. Un atteggiamento che avrebbe potuto aprire gli spazi nelle retrovie della stessa squadra allenata da Bruno Genesio e quindi offrire opportunità per gli inserimenti di Pjanic, Dybala e Higuain. Purtroppo questo non si è visto e anzi Buffon ha dovuto compiere un vero e proprio prodigio su una battuta a rete, a colpo sicuro dell’attaccante lionese Fakir, ricevendo tra l’altro anche gli applausi del collega di porta avversario. Come se non bastasse Lemina, già ammonito, su un rapido capovolgimento di fronte, ha speso il secondo cartellino giallo e si è fatto buttare fuori. In dieci uomini la Juventus ha subito ancora un po’ la pressione degli avversari, e Buffon è di nuovo intervenuto in maniera prodigiosa su un colpo di testa ravvicinato di Tolisso che si ricorderà a lungo di questa partita. La Juventus però ha avuto il merito di non smettere di giocare, anzi. Ha disegnato un 4-3-2, con Pjanic centrale basso, che le ha permesso di spingere in avanti e di controllare le folate avversarie. Inoltre, con l’ingresso di Cuadrado al posto di Khedira ha guadagnato in spinta, efficacia e inventiva. È stato lo stesso colombiano che ricevuto un bel passaggio è entrato in area con un dribbling ubriacante sul suo diretto avversario e ha tirato direttamente in porta da posizione defilata, dove tutti si sarebbero aspettati un cross. Ne è venuto fuori un gol spettacolare, bello e vincente. La rete, arrivata al 76’, ha abbattuto le resistenze della squadra di casa e la Juventus, in dieci, ha avuto anche la possibilità di far male per la seconda volta, ma tra egoismi personali, stanchezza e scarsa lucidità ha comunque portato a casa il risultato minimo per 0-1.
La profezia di Allegri alla fine si è avverata. Ripetendo in più occasioni che è meglio giocare male ma vincere le partite, in qualche modo ha predisposto la squadra psicologicamente a seguire questo percorso. Peccato perché le qualità, gli uomini, gli schemi e le doti ci sono per fare una grande Champions, che non vuol dire vincerla, ma giocarla al meglio delle proprie possibilità e, possibilmente, andare il più avanti possibile.