A cinque anni dal ritorno alla casa del Padre, l’anniversario del venerabile Giovanni Paolo II ricorre nei giorni più sacri del calendario cristiano, in particolare nel venerdì Santo del Triduo Pasquale
di Lilly Amato
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Roma, venerdì 2 aprile 2010 – Cinque anni fa il Grande Papa del sorriso lasciava questa terra per far ritorno alla casa del Padre. Era appena trascorsa la Santa Pasqua. L’anniversario odierno coincide con il cuore della settimana santa pre-pasquale, quasi a sottolineare non solo l’associazione alla passione di Cristo durante lo straziante declino fisico delle ultime settimane di vita terrena, ma soprattutto la fedeltà nel seguire il Signore nel corso di tutta l’esistenza. A ricordarlo è stato Benedetto XVI nell’omelia per la messa in suffragio del Papa polacco – "grande polacco" lo ha definito – scegliendo "per tracciarne un profilo essenziale" due paragoni scritturistici. Il primo è la fermezza del "servo di Dio" descritta nel libro del profeta Isaia e che Benedetto XVI ha visto riflessa nella proclamazione del diritto da parte di Papa Wojtyla, "soprattutto quando doveva misurarsi con resistenze, ostilità e rifiuti". Il secondo paragone è quello evocato dallo stesso Pontefice quando celebrò il venticinquesimo della sua elezione e meditò sulla radicale domanda di Gesù a Pietro: "Mi ami tu? Mi ami più di costoro?".
Parole alle quali Giovanni Paolo II confidò di avere risposto come l’apostolo: "Signore, tu sai tutto; tu sai che ti amo", dicendosi consapevole tanto della propria fragilità umana quanto delle responsabilità affidategli dallo stesso Cristo. Eletto al soglio pontificio in età relativamente giovane, il Papa Grande si rivelò presto come uno dei protagonisti dell’ultimo ventennio del Novecento, assumendosi in pieno il compito che aveva intravisto il primate polacco Stefan Wyszynski: quello di "introdurre la Chiesa nel Terzo Millennio". Fu lo stesso Wojtyla a ricordarlo nel testamento, un testo scritto a varie riprese – sempre durante gli esercizi spirituali di quaresima – che documenta la sua visione mistica della storia e l’itinerario personale, coraggioso e drammatico, in tempi da lui stesso definiti come "indicibilmente difficili e inquieti", tra persecuzioni spietate, l’attentato alla sua vita, il timore del conflitto nucleare e, dopo il crollo del comunismo europeo, "nuovi problemi e difficoltà".
Di Papa Wojtyla, nella Chiesa cattolica e anche fuori, si conserva un ricordo vivo, dovuto alla forza e alla tenacia date da una immensa fede, conservate sino agli ultimi giorni terreni, con cui seppe rendere presente e ben visibile il messaggio di Cristo in tutto il mondo, facendosi ovunque – come ha sintetizzato felicemente Benedetto XVI – "compagno di viaggio per l’uomo di oggi". Nel testamento di Giovanni Paolo II, la custodia della fede è una delle caratteristiche principali: "Esprimo – si legge – la più profonda fiducia che, malgrado tutta la mia debolezza, il Signore mi concederà ogni grazia necessaria per affrontare secondo la Sua volontà qualsiasi compito, prova e sofferenza". E ancora: "Ho anche fiducia che non permetterà mai che, mediante qualche mio atteggiamento: parole, opere o omissioni, possa tradire i miei obblighi in questa santa Sede Petrina". In questo servizio reso senza risparmiarsi all’unità della Chiesa, Papa Wojtyla volle accanto a sé, già dai primi anni, Joseph Ratzinger, che Paolo VI aveva creato cardinale nel suo ultimo concistoro e che oggi è loro successore, fin dall’inizio spesso attaccato e criticato, ma dotato di quella medesima forza della fede incrollabile in Dio che testimonia, pur nella diversità di ogni uomo, la continuità trasmessa e voluta da Cristo per la sua Chiesa.