Ex poliziotti e carabinieri formeranno squadre di pattugliamento volontario. L’opposizione ed il Vaticano avvertono sui pericoli che questo provvedimento potrà comportare: la fine dello Stato di diritto
di Andrea Aidala
aaidala@lacittametropolitana.it
Roma, domenica 22 febbraio 2009 – Si alle ronde: I sindaci d’Italia potranno avvalersi di volontari ai fini di sorvegliare il territorio comunale sotto il coordinamento del prefetto. A quanto dichiarato dal Ministro degli Interni, Roberto Maroni, saranno arruolati in queste squadre perlopiù agenti in congedo, “persone che sanno quello che fanno” che al posto delle armi porteranno con loro solo “telefonini e ricetrasmittenti con cui avvertire le forze dell’ordine”. Il provvedimento ha suscitato le proteste della Chiesa, dell’opposizione e di gran parte dell’opinione pubblica.
Prima di parlare di etica e, in modo più pragmatico, di opportunità giudiziale del provvedimento in questione, è doveroso mettere in rilievo le motivazioni che hanno portato il Governo a prendere tale decisione. Il Presidente del Consiglio Berlusconi ha giustificato l’utilizzo della decretazione d’urgenza in merito alle misure antistupro con il “grande clamore suscitato dai recenti episodi” di cronaca, pur prendendo atto, ha aggiunto il premier, che “rispetto agli anni 2006 e 2007, nel 2008 c’è stato un calo intorno al 10% degli episodi di violenza, anche nella città di Roma, perchè c’è stato un pattugliamento più diffuso delle zone pericolose anche con l’utilizzo dei militari”. Dichiarazione che ha gettato ombre sulla reale esigenza del provvedimento che è sembrato rappresentare un regalo del Cavaliere alla Lega che preme sulla legalizzazione di ciò che in alcune città del nord da tempo avviene. Ombre subito schiarite dal ministro Maroni, che ha dichiarato senza alcuna remora il reale motivo dell’introduzione dei pattugliamenti privati all’interno del dl antistupri: quello di passare “dalle ronde fai da te ai volontari per la sicurezza, regolati e controllati”. Giustificazione che non ha fatto altro che sottolineare quanto gran parte dell’Esecutivo poco credesse alla effettiva necessità delle ronde e puntasse invece a realizzare una manovra di tipo prettamente politico-elettorale.
Oltre alle motivazioni di sostegno al provvedimento fornite dal Governo, a destare perplessità la stessa opportunità giudiziale di tale misura. Legalizzare ronde di privati cittadini anziché puntare sul potenziamento degli stessi corpi dediti al mantenimento della sicurezza nel nostro paese, polizia e carabinieri, potrebbe essere percepito dal popolo come la rinuncia dello Stato al suo ruolo di garante esclusivo del quieto vivere dei cittadini. Se il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in una nota si è limitato a precisare “l’autonoma ed esclusiva responsabilità del Governo per le scelte di indirizzo e di contenuto del provvedimento d’urgenza”, il Vaticano, per voce dell’arcivescovo Agostino Marchetto, ha manifestato la propria contrarietà al decreto: “abdicazione dello Stato di diritto, un tentativo di soluzione che non farà altro che creare altri problemi”. Parole subito dopo ridimensionate dal Cardinale Angelo Bagnasco, etichettate come opinioni personali dell’arcivescovo Marchetto. Quest’ultimo però non si è limitato ad esprimere sentenze di condanna al dl, ma ha spiegato le ragioni della sua contrarietà. Le ronde, a suo parere, e di questo pare esserne d’accordo anche l’opposizione, nascondono gravi rischi: “i cittadini – ha asserito l’arcivescovo – possono essere soggetti ai loro sentimenti, ai loro moti xenofobi o di discriminazione”…“il momento è delicato, si agisce influenzati dall’umore diffuso, e la fragilità umana è un dato di fatto”.
Marchetto non ha risparmiato parole di biasimo anche per un’altra norma inserita nel decreto antistupri, ovvero il prolungamento da due a sei mesi degli immigrati all’interno dei centri di identificazione ed espulsione, giudicandola come esplicativa “di una tendenza a criminalizzare gli immigrati e a non riconoscere il diritto umano all’emigrazione, sancito nel’48”.
Preoccupazione espressa mesi fa anche dal nostro giornale, lacittametropolitana.it, nell’articolo “Razzismo: una piaga anche italiana” del 29 novembre scorso. Qui, raccontando gli ultimi fatti di cronaca che hanno visto protagonisti immigrati e gente di colore non in qualità di carnefici ma di vittime, si corroborava l’opinione da molti espressa di quanta parte del popolo italiano sia per nulla esente dalla patologia dell’odio razziale. Accettare il pattugliamento di squadre di comuni cittadini potrebbe, oltre che delegittimare l’agire di polizia e carabinieri, dare l’impressione ad alcuni dei nuovi protagonisti di essere artefici diretti di giustizia e legalità, un onere che in uno Stato di diritto spetta unicamente alle forze dell’ordine ed alla magistratura.