Si tratterebbe del primo dato positivo da un decennio a questa parte. Per gli esperti la controtendenza è causata dalla crisi globale in atto. Intanto uno studio pubblicato a Bruxelles afferma che la riduzione di CO2 fa bene all’economia reale e… alla salute

di Massimiliano Bianconcini
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Roma, venerdì 8 ottobre 2010 – Per la prima volta da un decennio le emissioni di CO2 nel mondo sono diminuite. Lo afferma uno studio del Center for International Climate and Environmental Research di Oslo, secondo cui il calo è stato dell’1,3%, anche se Cina e India hanno aumentato le loro emissioni. Nella classifica degli “inquinatori”, stilata dagli esperti norvegesi, la Cina è saldamente al primo posto, con il 24% delle emissioni di CO2 mondiali e un aumento nel 2009 del 9%, seguita dagli Usa con il 17% e dall’Ue con l’11%. Una fetta rilevante, pari a quella della Cina, è dovuta ai paesi emergenti come il Brasile. Anche l’India è in controtendenza rispetto all’ andamento generale con una crescita delle emissioni del 6%. La diminuzione di emissioni di CO2, soprattutto nei Paesi occidentali, non sembra essere data da un atteggiamento virtuoso nei confronti del problema del riscaldamento climatico e della salvaguardia dell’ambiente. «Tale diminuzione va di pari passo con la crisi dell’economia – spiega Gunnar Myhre, uno degli autori dello studio pubblicato da Environmental Research Letters». Difatti non a caso le economie di Cina e India hanno continuato a viaggiare su standard elevati. «Il problema – prosegue Gunnar Myhre – è che in Cina le emissioni crescono più dell’economia, e questo è dato dagli ingenti investimenti in settori come l’acciaio e il cemento, che sono fortemente inquinanti. Inoltre, grazie alle forti esportazioni, il paese non beneficia solo dei piani di stimolo dell’economia propri, ma anche di quelli degli altri paesi».

A fronte di questa notizia e in attesa di verificare il rapporto del 2010, un nuovo studio, pubblicato a Bruxelles da due organizzazioni internazionali non governative: la Health and Environment Alliance (Heal), e la Health Care Without Harm (Hcwh), tra i cui obiettivi c’é la protezione della salute attraverso la riduzione dell’inquinamento e la lotta ai cambiamenti climatici, afferma che sarebbe utile per la salute dei cittadini europei rafforzare l’obiettivo di riduzione dei gas serra al 2020, facendolo passare dall’attuale 20% ad un più ambizioso del 30%. La relazione tra l’altro prende anche in considerazione i benefici diretti sulla salute e la diminuzione dei costi legati alle malattie croniche, alle spese ospedaliere, a quelle per consultazioni e farmaci, fino al recupero di migliaia di giorni lavorativi. Benefici per i servizi sanitari, ma anche un aumento dell’aspettativa di vita spalmato su tutta la popolazione. Sempre secondo lo studio la riduzione delle emissioni porterebbe un notevole giovamento anche all’economia reale con un aumento della produttività lavorativa: si eviterebbe di perdere annualmente 333mila giorni di lavoro per problemi cardiaci e respiratori. In Europa l’obiettivo, ormai acquisito di riduzione del 20% di CO2, permetterà un risparmio di spese in materia di salute pubblica pari a circa 52 miliardi l’anno al 2020. Alzare la soglia al 30%, permetterebbe di realizzare un risparmio ulteriore di 30,5 miliardi annui, da aggiungere naturalmente a quelle precedenti. Tra i maggiori paesi beneficiari ci sarebbero Germania (8,1 mld), Polonia (4 mld), Francia (3,5 mld), Italia (3,4 mld), Olanda (1.1 mld), Belgio, la Spagna e il Regno Unito (ognuno con 0,9 mld). La nuova sfida potrebbe essere lanciata già nel prossimo incontro di Cancun, previsto per dicembre.

Intanto lo scorso 28 settembre 2010 all’Organizzazione internazionale dell’Aviazione Civile di Montreal si è discusso su come ridurre le emissioni inquinanti che derivano dal trasporto aereo. Un obiettivo che necessita del supporto dei governi nazionali. L’industria di settore ha fissato un miglioramento annuale dell’1,5% nell’efficienza dei carburanti fino al 2020 e il dimezzamento entro il 2050 delle emissioni rispetto ai livelli del 2005. Secondo il Direttore Generale di Iata Giovanni Bisignani “gli ultimi 18 anni sono stati dal punto di vista finanziario i peggiori nella storia dell’aviazione. Ma persino in questi tempi difficili, le risorse destinate alla difesa dell’ambiente non sono state tagliate. Nei prossimi 10 anni, l’industria spenderà 1.300 miliardi di dollari per 12.000 nuovi aerei. Ciascuno di essi sarà del 20-25% più efficiente rispetto alle macchine precedenti". Di sforzi globali dunque i paesi industrializzati ne stanno facendo per ridurre le emissioni di CO2, trovando fonti alternative di energia pulita. Ma se da una parte l’economia reale, in forte difficoltà nell’ultimo anno e mezzo, ha permesso di raggiungere alcuni obiettivi inizialmente pensati irrealizzabili, dall’altro viene da pensare se il trand positivo così difficilmente raggiunto, potrà essere conservato quando l’economia ripartirà di slancio. Anche perché le economie emergenti, rampanti sotto tutti i punti di vista, non sembrano intenzionate a ridurre le emissioni o a impiegare ingenti capitali nella riconversione industriale. Il 2011 potrebbe essere l’anno della svolta, o della mancata svolta, nella guerra alla CO2.

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