Viterbo, mercoledì 25 maggio 2011 – Dare precedenza e meno attesa alle situazioni di maggiore bisogno clinico, erogando un servizio all’utente non più sulla base di un semplice ordine cronologico di prenotazione, ma prendendo in esame dei criteri clinici di priorità. Questa è la ratio del progetto pilota Rao (Raggruppamenti di attesa omogenei) che prende il via presso la Ausl di Viterbo per gli esami ambulatoriali di risonanza magnetica. Un’iniziativa che intende fornire un contributo concreto al governo del fenomeno delle liste d’attesa e che rivoluziona totalmente i rapporti tra i vari stakeholders coinvolti. Ai Rao, infatti, collaborano fattivamente i medici di medicina generale, i medici specialisti e ambulatoriali e l’Unità operativa di Radiologia del Complesso ospedaliero di Belcolle, diretta da Enrico Pofi.
Il progetto è stato presentato questa mattina dal direttore sanitario della Ausl di Viterbo, Marina Cerimele. Cosa cambia con i Rao. Da oggi, per richiedere a scopo diagnostico un esame di risonanza magnetica per un proprio utente, il medico di medicina generale utilizzerà dei criteri di priorità individuati dalla Ausl di Viterbo secondo tre classi di riferimento che definiscono delle precise esigenze cliniche per ciascun paziente. Per ogni classe è previsto un tempo massimo di attesa per l’erogazione della prestazione (classe A 10 giorni di attesa, classe B 60 giorni di attesa, classe C 180 giorni di attesa). La richiesta compilata dal medico andrà consegnata all’accettazione della Radiologia del’ospedale di Belcolle che contatterà telefonicamente ogni utente, comunicando la data in cui sarà eseguito l’esame di risonanza magnetica, nel rispetto della classe di priorità assegnata.
«Il progetto pilota Rao per la risonanza magnetica – spiega il direttore della radiologia dell’ospedale Belcolle, Enrico Pofi – intende essere una risposta al bisogno di appropriatezza ormai ineludibile nella sanità pubblica. Vale a dire: fare la cosa giusta, per la persona giusta e al momento giusto. Nel predisporre i Rao siamo partiti dalla constatazione oggettiva che la presenza delle liste d’attesa va considerata come un fenomeno inevitabile che, tuttavia, deve essere governato, per evitare qualsiasi danno alla salute per i cittadini. E il governo di questo fenomeno non può certo passare attraverso un incremento dell’offerta delle prestazioni mediche specialistiche che non comporta necessariamente una riduzione dei tempi di attesa, ma sicuramente un aumento dei costi».
Da questo punto di vista, è eloquente il dato relativo alle prestazioni di risonanza magnetica erogate nella regione Lazio che nel 2000 erano state circa 100mila e nel 2009 oltre 420mila.
«Con il seguente risultato – aggiunge Pofi -: incremento dell’offerta, incremento dei costi, allungamento delle liste d’attesa. In più, secondo la Commissione scientifica sugli effetti dalle radiazioni ionizzanti delle Nazioni Unite, si stima che, dal 30 al 50%, dei casi gli esami di diagnostica per immagini siano parzialmente o totalmente inappropriati. Esami, quindi non utili e, anzi, dannosi perché comportano per l’utente un’esposizione superflua a radiazioni ionizzanti».
«Con l’introduzione dei Raggruppamenti di attesa omogenei – aggiunge il direttore sanitario della Ausl di Viterbo, Marina Cerimele – la Ausl di Viterbo intende tracciare un percorso verso un sistema sanitario locale più moderno che può funzionare solo attraverso la partecipazione consapevole e la condivisione di tutti gli attori coinvolti al suo interno, a partire dai medici di medicina generale e, soprattutto, dai cittadini. Il progetto pilota produrrà degli effetti significativi, infatti, solo attraverso un’assunzione di responsabilità da parte dei medici di medicina generale, che ringraziamo per la disponibilità dimostrata anche in questa circostanza, i quali, in un’ottica di integrazione, saranno l’anello principale della catena nell’assegnare a ogni singolo caso una classe di priorità clinica. Questa nuova procedura, infine, intende responsabilizzare anche gli stessi utenti verso i quali noi siamo chiamati a diffondere un messaggio di sempre maggiore appropriatezza. Se saremo in grado, infatti, di comunicare agli abitanti della Tuscia che gli esami diagnostici devono essere richiesti sono quando ce n’è effettivo bisogno e che l’attesa per l’erogazione della prestazione deve essere commisurata al peso clinico della diagnosi, avremo dato una risposta adeguata al fenomeno delle liste d’attesa».