Roma, martedì 15 maggio 2018 – L’opera è incentrata sul tema del femminicidio, ma sono le prospettive, diverse e molteplici, ad essere le vere protagoniste. La prospettiva di chi la violenza la subisce e di chi la attua; di chi mente agli altri e di chi a sé stesso; di chi, da uomo, vive una violenza che non passa dai gesti, ma che diventa subdola e psicologica. La regia ha intessuto un lungo filo a legare le diverse prospettive di questo male: un filo rosso di passioni e di sangue, che attraversa i luoghi e le epoche. Con dialoghi, canti e poesie in dialetto, la regista ha saputo raccontare il volto, sempre uguale, che la violenza assume in ogni luogo. Tramite un parallelismo storico tra la prima e l’ultima scena, ha saputo evidenziare la continuità della brutalità, celata in ogni epoca.
Ma ciò che più d’ogni altra cosa avvolge lo spettatore nel vortice delle violenze è la multiplanarità delle scene, che non hanno rapporto tra loro. Ognuna di esse racconta un mondo a sé stante, un punto di vista diverso: la coppia Amendola/Valente racconta come la violenza esista in ogni epoca. Una straordinaria Eliana Lupo ci fa ascoltare l’eco della gelosia malata, proveniente dal fondo di un pozzo. Antonio Fazzini, si chiede se si possa considerare davvero un uomo quello che subisce violenza da parte di una donna. Maurizia Grossi evoca la storia, veramente accaduta, dell’omicidio di Marie Trintignant. Barbara Porta dipinge il volto senza pace di una madre che piange la figlia.
Anche la scenografia, scarna ma ricercata, sfrutta la prospettiva, grazie a numerosi specchi disseminati nella sala, che permettono allo spettatore di godere dell’opera da diverse angolazioni. Su questi profili speculari ha preso vita una sapiente commistione tra arti, con la creazione di un’opera più che mai multimediale: la poesia ed il canto di Gisella Rocca, il dinamismo della danza di Teresa Farella, i video di Jessica Tosi, il pianoforte di Daniele Lombardi, la chitarra di Fabio Pratesi e gli incantevoli giochi di luce di Dario de Francesco. Ma cos’è la violenza, se non un’essenza dell’essere umano? Lo spettacolo non cade nel semplicistico attacco al sesso maschile, ma mostra i mille volti che la violenza può assumere. Una violenza che è umana. E non ha sesso.
Chiara Mercuri