Roma, lunedì 2 gennaio 2012 – “Sei stato bravissimo, io l’avrei preso a schiaffi” dice Luigi Bisignani a Mauro Masi, ex direttore generale RAI, in un’intercettazione telefonica del 27 di gennaio del 2011, in occasione della lite di quest’ultimo in diretta col giornalista Michele Santoro. L’abile faccendiere non immagina di divenire a breve egli stesso vittima del sistema di spionaggio da lui posto in atto e scoperto con la recentissima inchiesta P4. Su internet ogni minuto transitano migliaia di ricerche, circa 700 mila solo su Google, nascono 60 Blog, vengono caricati 600 video e diffuse circa 170 milioni di mail, una mole incredibile di dati che narra amicizie, convinzioni e storie di ogni singolo individuo. Una persona può esser localizzata dappertutto ed ogni suo messaggio può esser manipolato a piacimento. Basta essere facoltosi uomini d’affari, magari appartenenti a logge massoniche, e disporre di software applicativi come Trojan, Spyware o Keylogger per tener sotto controllo computer e telefoni di moltitudini di persone. Ogni dispositivo elettronico, sia esso orologio, cellulare o computer, può facilmente diventare strumento d’intercettazione di conversazioni o comunicazioni telefoniche. Se addirittura lo scopo dichiarato da alcune aziende è realizzare una sorta di sorveglianza di massa senza limiti, la possibilità di frugare tra miliardi di dati in pochi secondi e localizzare un individuo ovunque può divenire una sottile arma di persecuzione utilizzabile a livello politico. Labile infatti è la linea di frontiera tra intercettazioni realizzate in attività di spionaggio e quelle legali, effettuate su disposizione del giudice.
E che dire poi del Trojan prodotto da una nota azienda tedesca nella ‘civilissima’ Europa che se installato in computer è in grado di alterare o rubare i dati? Se tale software fornisce la facoltà d’inserire prove contraffatte in un elaboratore elettronico, come si fa ad attribuir loro valore legale? Il bel Paese appare poi un luogo dove tutto è possibile. Esistono aziende specializzate in grado di realizzare per conto dei loro clienti ogni sorta di sorveglianza al di là d’ogni singolo Stato. Ma ogni cosa muta connotazione a seconda dell’utilizzo che ne vien fatto. Lo scopo dichiarato di Wikileaks, la Onlus internazionale creata nel 2006 dal giornalista australiano Julian Assange per la condivisione in rete di documenti secretati – a livello industriale, bancario, militare – è la gestione dell’informazione in nome della trasparenza, per la salvaguardia dei principi di giustizia democratica. Secondo l’hacker australiano ci sono cose che l’ignara popolazione deve sapere, come ad esempio dell’esistenza di un’industria cibernetica che commercializza sofisticate apparecchiature d’intercettazione a livello globale. Nei Paesi di lingua inglese come Gran Bretagna, Irlanda, Stati Uniti è in corso una pubblica riflessione sulla liceità d’utilizzo di pratiche d’intelligence nella vita civile. Alla fine si riuscirà a render etico un settore in cui oggi è pressoché impossibile sancire regole di controllo a tutela della memoria informatica nel mondo?