Roma, martedì 4 ottobre 2011 – A sipario chiuso due voci nel buio. Lui: “Sei sicura che non ti faccio male?”. Lei: “Spingi, spingi, ci vuol ben altro per farmi male”. Comincia così la commedia brillante “Torno presto papà” scritta e diretta da Luca Franco e portata in scena il 1 ed il 2 di ottobre dalla compagnia “I mercanti di stelle” al teatro “Nino Manfredi” di Ostia Lido.
Uno scoppiettante cast di attori di pluriennale esperienza, compie l’impresa di presentare in allegria uno spaccato della nostra società con le sue piccole meschinità ed i suoi tanti aspetti tragicomici, attraverso la cruda realtà di un gruppetto di anziani in un ospizio. Il regista, sorvolando tra le debolezze umane, quali solitudine e bigottismo, ipocrisia e libidine meschina, trasgressività e pettegolezzo morboso, trascina il pubblico dalla vena melanconica a pura e spumeggiante comicità. Divertentissima la scena, accompagnata da un’allegra musica country, in cui Concetta e Totò s’incontrano per fare sesso. La luce si accende e si spegne a ripetizione sui due attori in posa scherzosa quasi a realizzare allegri e colorati fotogrammi di un film.
Concetta, la vecchietta romana interpretata da Elena Giambi Bonacci, rappresenta l’individualismo e la perdita dei valori della nostra società in decadenza portati all’eccesso, che privano le persone di qualunque punto di riferimento rendendole estremamente insoddisfatte. Emblematica è la frase di questa vecchietta fissata col sesso: «Non voglio che mi tratti bene… voglio altro». Salvatore detto Totò il vecchietto che procede a passo lento affetto da meteorismo intestinale, interpretato da Marco Russo, rappresenta la solitudine ma anche quel pizzico di speranza che resta nell’attuale società. Lo slancio di chi vive ancora di buoni sentimenti ma attende invano considerazione in famiglia e nel sociale. “Dovete amare i vostri figli, anche se con voi si comportano male”. Filomena, interpretata da Silvia Giovanrosa, rappresenta l’ipocrisia ed il bigottismo delle persone che desiderando un qualcosa che non possono confessare a sé stesse, si trincerano ogni istante dietro la religione. “Madonna benedetta! Io e mio marito solo a luce spenta e senza contatto fisico!”. Teresa, la vecchietta incontinente interpretata da Stefania Perelli, è il simbolo delle debolezze della persona umana schiava dei propri bisogni. Vive costantemente portandosi dietro un bauletto che considera elemento depositario di tutta la sua vita. Alla domanda cosa vorrebbe far scrivere sulla sua tomba risponde con un buffissimo: «Quanto me rode er…».
Le vecchiette Maria e Dora, la prima interpretata da Claudia Cianfarani e la seconda interpretata da Monica Falconi, rappresentano l’alienazione della nostra società piena d’individui fuori di testa che vivono col fastidio di stare in mezzo al prossimo e sordi nei confronti degli altri. Maria a voce stridula dice sempre verso gli altri: «Mamma mia che facce brutte», mentre Dora, la vecchietta sorda che scuote sempre la testa, quando le chiedono da quanto tempo non fa attività lei risponde con un candido: «E’ vero: è quasi ora de mangia’»”. Quest’ultima è la metafora di chi non pratica l’ascolto e vive in una dimensione a sé stante isolandosi dal resto del mondo.
Alfredo, il vecchietto che prende il farmaco per stare su col morale, interpretato da Daniele Locci, è un essere libidinoso e meschino. Rappresenta l’altro lato delle piccole miserie quotidiane in base alle quali un uomo finge di essere fedele a sua moglie mentre cerca di soddisfare per ogni dove e senza ritegno il proprio piacere. Alfredo dice a Totò: «Hai mai provato ad allungare le mani qui dentro?». Randy, l’avvenente infermiera dall’accento francese, interpretata da Valentina Lori, assieme a Jenny, l’infermiera dall’accento romagnolo, interpretata da Claudia Sparavigna, nel loro muoversi nervosamente sul palco, rappresentano la vacuità di un vivere, basato tutto su esteriorità e trasgressione, che conduce immancabilmente all’insoddisfazione. La filosofia è quella del preferire all’amore una botta e via… anzi due o tre.
Sandy, l’infermiera transessuale interpretata da Giuseppe Chianese, che irrompe in scena con mosse e saltelli esilaranti, rappresenta la trasgressione forzata di chi vive psicologicamente imprigionato all’interno di un corpo che non riconosce suo, e viene discriminato a causa di questo. Sandy, nel disperato tentativo di appartenere all’universo femminile, dice comicamente a bocca spalancata: «Certo che a volte noi donne facciamo proprio male all’uomo». Betty, l’addetta alle pulizie, interpretata da Giorgia Delle Chiaie, riannoda la mentalità impicciona e morbosa comune a tutti gli strati dell’odierna società, che nel cercare vergogne negli altri trova un mezzo per coprire le proprie. Qui infatti, nel tentativo di sfuggire alle frustrazioni ed alla voce della propria coscienza, ogni personaggio al pari di lei si abbandona al pettegolezzo. Sarà il sesso o l’amore a salvare i protagonisti dalla propria solitudine interiore?
L’aspetto dell’opera teatrale maggiormente riuscito è la capacità del regista Luca Franco e di tutto il cast di attori di fornire un ritmo giusto all’intera vicenda, attraverso cambi di scena repentini ed alternati conditi da battute al peperoncino estremamente esilaranti. Il ritmo giusto rende la recitazione verosimile e rende gradevoli al pubblico persino i tic e le fissazioni dei protagonisti della vicenda.