Roma, venerdì 1 giugno 2018 – Coltivare gli ulivi su Marte potrebbe non essere più un’utopia ma possibile grazie al ‘microcosmo’ che permette di far crescere piante in ambienti estremi come lo spazio messo a punto dall’Enea, ente pubblico di ricerca italiano che opera nei settori dell’energia, dell’ambiente e delle nuove tecnologie a supporto delle politiche di competitività e di sviluppo sostenibile, vigilato dal Ministero dello sviluppo economico, presso il Centro Ricerche di Portici (Napoli). Esso simula le condizioni di un campo, ma al chiuso, e permette di coltivare ortaggi come patata, pomodoro, lattuga e basilico, e per la prima volta anche alberi come l’ulivo.
Messo a punto in collaborazione con il Gruppo industriale FOS, il sistema permette infatti la crescita di piante legnose in ambienti chiusi normalmente inadatti alla loro coltivazione, come aeroporti, metropolitane, centri commerciali, ma anche estremi come deserti, aree polari e lo spazio. “I nostri microcosmi sono veri e propri ecosistemi, diversi dalle serre e dalle camere di crescita tradizionali, e sono in grado di replicare fedelmente in laboratorio quello che avviene in un campo coltivato”, rileva Luigi d’Aquino del Laboratorio Nanomateriali e Dispositivi dell’Enea di Portici.
Questo è possibile, grazie all’uso di due ‘camere’ per la coltivazione: una sotterranea per le radici e l’altra superiore per il fusto e la chioma. Pur essendo indipendenti, le due camere sono intercomunicanti, proprio come avviene in natura, grazie agli scambi gassosi che avvengono attraverso il terreno, dove crescono le radici. Il simulatore inoltre usa un apparato hi-tech per gestire la crescita delle piante: sensori per il controllo dei parametri, come umidità e temperatura, che influenzano sviluppo e riproduzione e luci a led che permettono di controllare con precisione l’illuminazione, selezionando le lunghezze d’onda più adatte alla crescita.
La tecnologia brevettata dall’Enea è nata nell’ambito del Laboratorio pubblico privato Tripode ed è in via di ulteriore sviluppo grazie al Progetto ISAAC cofinanziato con oltre 4,7 milioni di euro dal programma europeo Horizon 2020 e dal PON Imprese & Competitività 2014-2020 del Ministero dello Sviluppo Economico, al quale partecipa anche l’industria Becar.
Fabiola Lopez