Roma, 23 settembre 2013 – “Da una lacrima sul viso, ho capito molte cose, dopo tanti tanti mesi, ora so cosa sono per te” scriveva nel 1964 la coppia Satti-Mogol e cantava Bobby Solo. Ora Balzaretti sa cosa prova per lui la gente. Un presagio. Un segno. In questa frase è racchiuso tutto il senso delle lacrime di Federico ieri. Da quella lacrima abbiamo capito tutti molte cose. Troppe. Dopo tanti mesi, la Roma è riuscita finalmente a gioire dopo un derby. Rabbia, rivalsa, gioia, di un calciatore a volte anche troppo bersagliato da critiche eccessive e premeditate. Una lacrima che incarna alla perfezione il tifoso romanista e l’interno popolo giallorosso. Gioia e dolore. Libidine o inferno. Una lacrima dai mille significati, ieri ha avuto il sapore più dolce ed è scesa dagli occhi del ragazzo che la meritava di più di tutti una gioia simile. Una gioia che ti può cambiare la vita, la carriera, il mondo. Un’ emozione che solo uno sport così poteva regalare e dei colori così potevano farci provare. Quella lacrima pesava e come in quelle pupille blu cielo, blu come quelle di Daniele De Rossi, scoppiato anche lui in lacrime. Un caso? Due ragazzi finiti nell’occhio del ciclone l’altr’anno. Unici capri espiatori, se non unici, più di altri (secondo alcuni) di una stagione andata male per molte altre mille vicissitudini. Due ragazzi che mettono sempre cuore in campo e che ieri hanno tramutato in un pianto liberatorio tutto quello che avevano dentro. Quelle lacrime pesavano come macigni. Come i gol del resto. Prima Balzaretti decide di buttare giù la porta centrando un palo clamoroso. “Ecco, è destino” – pensa -“Un’altra partita andata male, non mi va nulla nel verso giusto”. Neanche il tempo di rammaricarsi che arriva quel pallone, pensante come non mai. E lui non esita un secondo e lo scaraventa in rete insieme a tutte le critiche, le paure, le ansie dei mesi passati. Era destino. La chiude poi Ljajic su rigore, ristabilendo così l’ordine delle cose.
La Roma inizia bene ed è più propositiva, ma non trova spazi. Maicon tenta le sue consuete accelerazioni sulla destra, trovando però davanti a sé un attento Konko e poca collaborazione da Gervinho. Mentre la Lazio tenta agire di rimessa, ma Klose è troppo solo e di palloni davvero giocabili ne riceve pochini. Tensione e caldo fanno il resto.Naturale, quindi, che per gran parte del primo tempo di palloni pericolosi all’interno delle due aree non ne arrivino. Ci prova De Rossi, che dopo 12 minuti fa partire un destro da fuori terminato di poco sopra la traversa. Dall’altra parte, poco prima della mezzora il libero Gonzalez non sfrutta una punizione battuta velocemente strozzando il destro e mandandolo a lato. L’occasione vera, in un match bloccato e vivacizzato unicamente da un paio di lanci illuminanti di Totti, arriva sulla testa di Gervinho: l’ivoriano è libero, sul secondo palo, ma di testa non riesce a indirizzare verso la porta un assist su punizione del capitano, mandando il pallone a perdersi sul fondo sul primo palo. L’unico lampo di un primo tempo tattico e deludente.
Sin dai primi minuti, si nota subito che la ripresa non ha nulla da spartire con la noia dei primi 45 minuti. Molto dipende dall’entrata in campo di Adem Ljajic, che rimpiazza Florenzi: il serbo si piazza sulla destra, duettando a turno con Maicon e Totti e creando scompiglio in una difesa laziale non più così tranquilla. La prima occasione della ripresa, però, è di marca biancoceleste: Ciani svetta di testa sulla punizione di Hernanes, ma becca in pieno la traversa di De Sanctis. Prima opportunità per la Lazio. Non l’unica: Klose sbuca sul secondo palo ma, di coscia, non trova i pali giallorossi. Dall’altra parte, Ljajic e Maicon spaventano Petkovic, creando le premesse del vantaggio. Arriva al minuto 63, destinato a diventare un numero fortunato per la Roma come il 71 lo è per la Lazio: prima Balzaretti (in foto) colpisce un palo clamoroso, sbucando sul secondo palo per indirizzare verso la porta il tocco tagliato di Totti, poi è ancora l’ex Palermo, dimenticato da tutti, a scagliare in rete, al volo, la palla che fa esplodere la Sud. A chiudere il derby sono due episodi: il severissimo rosso che Rocchi sventola in faccia al neo entrato André Dias (presunta gomitata su Totti) e, dopo un contropiede sprecato da Gervinho e un colpo di testa di Borriello parato da Marchetti, il rigore messo a segno da Ljajic (fallo di Ledesma sullo stesso serbo). Gioco, partita, incontro: Roma, oggi,è solo giallorossa.
Questa partita ha riportato le cose dal caos iniziale all’ordine naturale delle cose. Il “Chaos”, secondo alcuni autori, risulta essere nella mitologia e nella cosmologia degli antichi greci, la personificazione dello stato primordiale di “vuoto”, il buio anteriore alla generazione del cosmo. Come ci ricorda Esiodo: “Venne all’esistenza lo Spazio beante”: Chaos è in rapporto a riversarsi; è un luogo vuoto che sta tra terra e cielo; infatti è venuto all’esistenza dall’invisibile” . E’ l’origine di cose che prima non erano, l’entità eterna ma che non esiste dall’eternità. Ecco, non esiste. Come del resto la Lazio nella concezione dei tifosi romanisti. La Lazio come il Chaos, dal quale poi è nato il mondo. Avrà anche portato il calcio a Roma (cosa da verificare), ma il mondo è la Roma. C’è chi vive di ricordi e chi di sogni. C’è chi vive per una sola maglia e chi per altre cento. C’è chi giura amore eterno a due colori e chi, pur di ostacolarti, sputa sui suoi. Riprendendo ancora una volta Bobby Solo: “Quella lacrima sul viso, è un miracolo d’amore, che si avvera in questo istante per me, che non amo che te”. Roma. E la Roma.