Roma, giovedì 17 aprile 2014 – Ciak si gira! Utopia all’interno di una realtà creativa e colorata. Uova di Lompo, commedia scritta da Marco Avarello e prodotta dalla VOX Communication è frizzante, energica, paradossale. Il Teatro Agorà di Roma ha offerto la possibilità di ridere, gioire e guardare uno spettacolo delizioso per sei serate piene di simpatia, dall’8 al 13 aprile. Regia di Linda Di Pietro coadiuvata da Valentina Daneo, con Mara Di Maio, Letizia Letza, Lenni Lippi e Matteo Taranto. La trama non ha offerto argomenti di spicco, ma di certo spunti realistici che, sviscerandoli, hanno donato opportunità di riflessione. Tre donne e un ex principe azzurro. Sergio Caputo, Hemingway caffè latino, apre le danze. Valeria (Letizia Letza), la fata Turchina, gira per casa sistemandosi e aspettando le amiche. Un campanello con una suoneria particolare, Help dei Beatles, sottolinea un grido di disperazione, di aiuto, al mondo. Probabile. Arriva Antonia (Mara Di Maio), Grimilde la strega di Biancaneve. Dopo un’intensa ed ironica conversazione tra le due, Alessandra (Lenni Lippi), puffetta, entra in scena con un balletto divertente al ritmo di Britney Spears. Valeria, psicologa, Alessandra restauratrice d’arte e svampita ed Antonia, dipendente ministeriale e pratica, sono vestite in maschera per l’occasione dell’addio al celibato del loro ex Fabrizio
( Matteo Taranto ) che sempre gravita nelle loro vite. Egli ha voluto intorno a se le sue donne, ma prima di cominciare a festeggiare Fabrizio ha un malore e viene trasportato in ospedale, poi, a sorpresa, si improvvisa a casa di Valeria. Il tutto si muove dentro una scenografia essenziale, quadrata/modulare, stile Ikea. Una libreria, un sofà e un tavolo dove si degusta l’aperitivo, spumante, uova di lompo, succedaneo del caviale e un ciambellone fresco fresco. L’atmosfera generale si sviluppa in modo caricaturale mediante il forte richiamo ai cartoni, ci si ricorda, infatti, della canzone di Lady Oscar, da un datato canta tu ne esce il pezzo registrato, il richiamo ai reality e ai fumetti retrò. Il rendere evidente la differenza tra il mondo a colori, … vivo con i colori e a colori …, e quello in bianco e nero come i libri.
Collegamenti di parole nei dialoghi ben impostati tra sarcasmo e dizione fanno si che le idee di ogni personaggio vengano esplicate in maniera netta. Come anche il loro delinearsi caratteriale. Per esempio la dissertazione riguardo la comunicazione per immagini, l’opinione che la parola è complicata, gli esilaranti sketches su alcuni quadri, come se loro stessi potessero parlare, di conseguenza l’imitazione di questi, per esempio La Gioconda e San Sebastiano. Le chicche di psicologia fornite da Valeria e le freddure di Antonia. Nel contesto recitativo spiccano le donne, si percepisce, mentre Matteo Taranto, in scena nella parte finale, si perde e non rende al meglio la sua parte, la quale, se più dinamica, avrebbe garantito vigore. Verità scoperte, dissertazioni tra rapporti uomo-donna. Se l’amicizia esiste sul serio o solo sotto le lenzuola? Sogni e speranze disattesi dalla realtà spietata, vita moderna, senza sosta. Imparare ad aspettare nonostante i ragazzi pensino poco all’amore, ma a cambiare donzella per il bene della carne…Quindi, odio assoluto e/o amore disperato? Nulla di nuovo viene scoperto, insomma. Solo un quadro pittoresco dei giorni moderni che lascia singles e coppie sposate quasi sempre con l’amaro in bocca. Abituati ad aspettative che quasi mai si realizzano, rendendoli, così, poco contenti. Si impara a convivere con le proprie realtà attraverso le vicende di cuore e la vita in generale, sempre accontentandosi. Magari, il tema scelto, quello della favola, sarà stato un incoraggiamento a guardarci di più e a non perderci in questo mondo così fulmineo.
Annalisa Civitelli