Le norme in Italia sono troppe, illogiche e instabili. Dal primo gennaio la Santa Sede cambia le regole in vigore dal ’29 e esprime giudizio conforme anche per i trattati internazionali
di Lilly Amato
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Roma, venerdì 9 gennaio 2009 – Le leggi italiane sono troppe, instabili e spesso contraddittorie fra loro, ma soprattutto contrastanti con i principi della Chiesa. E’ questa una delle motivazioni che hanno portato il Vaticano a modificare il meccanismo che quasi automaticamente recepiva nello Stato della Santa Sede, come fonte del proprio diritto, le leggi italiane. Dal primo gennaio, infatti, è entrata in vigore la nuova legge sulle fonti del diritto, approvata lo scorso primo ottobre dal Papa, in sostituzione di quella, fino ad oggi vigente, del 7 giugno 1929. In virtù di quest’ultima, non di rado i Romani pontefici hanno riconosciuto la maggioranza o quasi totalità dei sudditi vaticani come cittadini italiani.
Nella nuova disciplina si contempla la necessità di un previo recepimento da parte della competente autorità vaticana. I tre motivi di questa cautela nella recezione della legislazione italiana, come ha spiegato il professore Josè Maria Serrano Ruiz, presidente della Commissione per la revisione della legge sulle fonti del diritto vaticano, sono: "In primo luogo, il numero davvero esorbitante di norme nell’ordinamento italiano, non tutte certamente da applicare in ambito vaticano; anche l’instabilità della legislazione civile per lo più molto mutevole e come tale poco compatibile con l’auspicabile ideale tomista di una lex rationis ordinatio, che, come tutte le operazioni dell’intelletto, cerca di per sé l’immutabilità dei concetti e valori; e infine un contrasto, con troppa frequenza evidente, di tali leggi con principi non rinunziabili da parte della Chiesa". "La legislazione italiana – ha affermato Serrano Ruiz – rimane rispettata nella sua propria sovranità, ma è chiamata nello stesso tempo a rispettare e a confrontarsi con quella vaticana".
Il Vaticano ha anche espresso la riserva di passare al vaglio morale i trattati internazionali e di sancire "l’esplicita ammissione di conformità della Santa Sede". Ciò è, per l’appunto, sempre avvenuto implicitamente, come negli ultimi scontri con le Nazioni Unite sulla proposta francese di depenalizzare l’omosessualità e sulla convenzione per i diritti dei disabili, non firmata dal Vaticano perché carente in una condanna esplicita dell’aborto. La Chiesa, così, si è opposta a quei trattamenti disumani, vestiti di legalità, di alcuni Stati nei confronti degli omosessuali, ma ha confermato di non poter accettare l’identificazione del matrimonio naturale tra un uomo e una donna con forme di unione fra persone dello stesso stesso.
La decisione di non adottare più automaticamente le leggi italiane non rappresenta "alcuna pressione", ma fa parte di una "dialettica tra Stati sovrani", ha detto Enzo Carra, esponente cattolico del Partito democratico, sui rapporti fra Italia e Santa Sede. "E’ una posizione chiara – continua l’esponente del Pd – che mette al riparo il Vaticano dal recepimento di leggi contenenti principi non rinunziabili né negoziabili per la Chiesa". L’intervento della Santa Sede "non deve scandalizzare nessuno perché è un atto legittimo che può essere utile per chiarire il rapporto tra i due enti statali". Con questa decisione, ha concluso Carra, "c’è un riconoscimento che qualcosa non andava anche nella legislazione dello Stato Vaticano visto il recepimento semi-automatico delle leggi civili italiane".